Ma la brevità non è un dogma

Brevità: una parola che ricorre spesso in questo sito. Brevità come virtù della scrittura professionale in genere e come elemento essenziale della scrittura online.
Mi è venuto il dubbio di essere presa troppo alla lettera oppure di passare per una che predica bene e razzola male, anzi malissimo, visto che sul MdS accanto a testi brevi ci sono anche testi piuttosto lunghi, che chiedono al lettore molta pazienza e voglia di scrollare.
Allora è forse venuto il momento di correggere il tiro o meglio di chiarire il mio pensiero circa la brevità dei testi destinati a internet. E lo faccio concedendomi un bel testo lungo.

Il business writing, ovvero quella che mi piace chiamare nella nostra lingua “scrittura di impresa”, in Italia è una disciplina che solo da pochi anni ha acquisito un po’ di consapevolezza. Quindi tutti noi scrittori e copy, quando abbiamo cominciato, ci siamo rivolti necessariamente al mondo anglosassone. Un mondo pieno di regole, prescrizioni e manuali utili, prodighi di consigli di ogni tipo.
Questo sito si ispira molto, e consapevolmente, ai modelli americani: i piccoli decaloghi di consigli numerati vengono dritti dritti dai laboratori di scrittura delle università statunitensi e sono utilissimi per chi scrive e per chi legge. Ma il pragmatismo statunitense diventa pericoloso quando si trasforma in semplicismo, rigidità e dogmatismo. Ora che ci penso, forse è anche per questo che amo alternare testi brevi e testi lunghi: una specie di antidoto all’allettante modello americano.
La brevità è uno di questi dogmi, forse “il dogma” del business writing. Nei manuali d’oltreoceano non è raro trovare frasi del tipo: “ogni paragrafo non sia più lungo di venti righe, ogni frase non più di venti parole”. Non esagero. E con la scrittura online si arriva a follie del tipo: “Come si trasforma un testo tradizionale in un testo per il web? Basta tagliare il 30%, e anche di più”. Follie diffusissime, ripetute di sito in sito e di libro in libro e ormai diventate una specie di vangelo per i web writer. Naturalmente le cose sono ben più complicate.

Per lo scrittore professionale la brevità non è un dogma, ma un obiettivo, che va perseguito insieme ad altri, in primo luogo insieme alla chiarezza. L’accoppiata vincente è: brevità + chiarezza. Un testo breve ma pesante e incomprensibile non serve a nessuno, ancor meno di un testo chiaro, ma lunghissimo.
Lo scrittore professionale non scrive per suo piacere (certo, se si diverte è meglio). Scrive perché i suoi clienti o la sua azienda conseguano degli obiettivi precisi: comunicare bene con i dipendenti, descrivere con efficacia i propri prodotti e servizi, convincere fornitori e clienti, parlare con le istituzioni o con la stampa.
Farlo facendo perdere agli interlocutori meno tempo possibile è naturalmente un bel valore aggiunto. Di qui l’importanza di testi brevi e sintetici, che arrivino dritti all'interlocutore e all'obiettivo, soprattutto ora che siamo sommersi di parole e messaggi testuali. Per questo si raccomanda sempre che il comunicato stampa stia all'interno di una cartella, che l'email stia nelle venti righe, che per la brochure è meglio non superare le otto pagine, che il testo per il web non si dovrebbe scrollare troppo.

Ma la brevità non è un valore in sé. Altrimenti tutti i testi corti sarebbero buoni. E' solo uno dei modi per scrivere testi comunicativi, chiari ed efficaci.
Quando scriviamo per internet, poi, sappiamo di lottare per ottenere l’attenzione del lettore. Una lotta spietata, fatta di 10/15 secondi al massimo: o ce la facciamo o perdiamo il lettore per sempre.
Ma non tutti i siti sono uguali. Ci sono quelli commerciali, dove capitiamo di corsa, senza voglia di leggere, ma alla ricerca del prodotto o dell'informazione che cerchiamo. Lì catturare il lettore con un titolo sintetico, che ci informa sulle novità, che ci convince ad andare oltre è vitale.
Ci sono i siti di notizie, dove la nostra lettura è mirata e selettiva: leggiamo quell'articolo, quella notizia, nella sezione di economia piuttosto che in quella di cultura.
Ci sono i siti di servizio, per esempio alcuni della pubblica amministrazione. Lì brevità e sinteticità dei microcontent servono a condurci rapidamente verso l'informazione che cerchiamo: i contributi aggiornati per la colf, le istruzioni per inviare online la dichiarazione dei redditi, le vaccinazioni che dobbiamo fare prima di un viaggio.
E ci sono i siti specialistici, dove andiamo spinti da un nostro preciso interesse, da una nostra passione. Lì leggiamo tutto, breve o lungo non importa. Scrolliamo volentieri, perché siamo motivati, e magari stampiamo la pagina per leggerla con calma e conservarla nel nostro archivio.
Quindi la brevità è qualcosa di molto relativo. Relativo al tipo di sito e al suo obiettivo, ma anche relativo allo stile e al tipo di testo.
In questo sito, le pagine con i consigli pratici sono brevi e strutturate come dei piccoli vademecum, con molte liste numerate e molti titoli, perché penso che devono essere consultate e usate come riferimento, più che lette. Invece gli articoli veri e propri hanno una misura media, che chiede comunque al lettore di scrollare. Ma io immagino che chi legge queste pagine lo fa perché ha un interesse specifico e probabilmente per lui scrollare non è un fastidio. Cerco inoltre di compensare la lunghezza con uno stile leggero, molto vicino alla conversazione, quello a mio parere più adatto a un medium interattivo come internet. Mi concedo infine testi molto lunghi quando pubblico un'intervista. Perché lì c'è il ritmo di un discorso e di una voce. Una voce la si ascolta volentieri anche quando è fissata nella parola scritta.

Ma in fondo su internet quello della brevità e della lunghezza dei testi è spesso un falso problema. Perché grazie alla scrittura ipertestuale i testi possono essere molto più flessibili di quelli destinati a essere letti su una pagina di carta. Un testo sul web non cresce solo in lunghezza ma anche in profondità. E può essere costituito da un titolo, da un abstract, da più porzioni da leggere di seguito o in maniera combinatoria attraverso i link.
L'autore propone, il lettore sceglie cosa leggere e che itinerario seguire. Può fermarsi all'abstract o sprofondare verso testi più lunghi e dettagliati.
Se in questo sito propendo spesso per i testi sequenziali, da leggere di seguito all'interno della stessa pagina, e uso i link soprattutto per navigare tra una pagina e l'altra, è perché ormai so che queste pagine vengono quasi sempre stampate ed è molto più comodo avere il testo tutto insieme.
Una vera scrittura ipertestuale, fatta di link e rimandi tra temi e idee in cui il lettore fosse più libero di scegliere, dovrebbe trovare il suo luogo in pagine un po' diverse da queste. Potrebbe essere un'idea per una nuova sezione del Mestiere di Scrivere.