Cliccare è un po’ partire
Tutti sembrano d’accordo su questo: tra le potenzialità del web, l’ipertestualità è ancora tra le meno sfruttate. Lo è nei giornali, dove la maggior parte delle testate si limita a pubblicare online notizie ed articoli, senza riuscire a fare del testo quella rete di rimandi e di connessioni tematiche che renderebbe la lettura molto più interessante. Lo è anche in siti come questo, fatto di testi ancora tradizionali che scrivo con word e poi trasferisco, per pubblicarli, sulle pagine web.
Eppure l’ipertestualità asseconda quello che è il nostro modo di pensare, fatto di associazioni suscitate improvvisamente da una parola, da un concetto, qualche volta anche solo da un suono, una memoria che ci ricorda qualcos’altro.
Solo da poco riesco a “pensare ipertestuale” (almeno un po'), ovvero a pensare non solo al testo che sto scrivendo, ma anche a tutti, i tanti testi, che sono già in questo sito e a quelli di altri siti che ho letto di recente e che potrei proporre ai lettori insieme ai miei, condividendo con loro non solo il mio testo finale, ma anche gli altri testi che ci sono dietro. Testi che mi hanno dato un’idea, che mi hanno fatto riflettere, sui quali mi sono documentata. Ma anche testi che io stessa ho scritto in passato e che completano quello di oggi.
E così, mentre scrivo, ogni tanto mi interrompo e clicco l’icona della catenella del word processor per “ancorare” la mia parola a un link interessante. Se non ricordo l’url, apro una parentesi e ci scrivo dentro un’annotazione in corsivo per ricordarmi di cercarla a stesura finita.
È un po’ macchinoso e riconosco che è qualcosa di abbastanza lontano dalla progettazione di un ipertesto che i manuali raccomandano, però mi aiuta a pensare e quindi a scrivere in una dimensione più associativa e meno lineare. Mi dà la sensazione che il testo si apra, che respiri, che si connetta ad altri autori, altri testi, altri pensieri.
Mi aiuta a scrivere testi più concentrati e più densi, perché non devo aprire troppe parentesi e spiegare troppe cose; magari un concetto l’ho già esposto in un’altra pagina di questo sito o c’è qualcuno che sul web l’ha già fatto meglio di me. Allora non devo far altro che linkare.
Scegliere i link, e soprattutto titolarli, è parte integrante del lavoro dello scrittore e del redattore online. Sta a lui guidare il lettore nella rete dei testi, proporgli un percorso, offrirgli gli approfondimenti migliori, senza però mai fargli perdere il filo.
E ai lettori i link piacciono, purché non siano troppi e non ci inciampino in continuazione, anche solo dal punto visivo. Un lungo testo senza link lo si scarica e lo si copia, ma non ci si aspetta nulla in termini di esperienza e di sorpresa.
Aprire invece una pagina con le parole più interessanti sottolineate, significa cominciare un viaggio che di pagina in pagina potrebbe portarci anche molto lontano.
Non a caso uno dei maggiori studiosi dell’ipertesto, George Landow, definisce “retorica della partenza e dell’arrivo” quella dei link: il testo di un link dovrebbe già farci capire dove stiamo andando e, una volta arrivati, dovremmo trovare esattamente ciò che ci aspettavamo. Scivolando con naturalezza di pagina in pagina.
Tutto è piuttosto facile con le liste di link: titolo del sito e sottotitolo sono sufficienti per indicare al lettore cosa troverà oltre.
I link interni al corpo del testo possono invece mettere a dura prova il nostro talento editoriale, perché non possiamo infarcire il testo di parole sottolineate, né interrompere la lettura con il perentorio invito/ordine “clicca qui”, magari rafforzato da un bel punto esclamativo.
Dobbiamo piuttosto usare al meglio le parole che sono già nel testo, sia per linkare, sia per dare tutte le informazioni necessarie a una buona “retorica della partenza”. Il lettore deve poter continuare tranquillamente la sua lettura, se lo desidera; cliccare quando la parola sottolineata lo incuriosisce dovrebbe essere una possibilità di scelta in più, non un ostacolo da saltare.
Per esempio:
Yellow Submarine è il sito italiano dedicato ai Beatles.
Sfogliate il nostro album, con le più famose foto del mitico gruppo.
O leggete tutti i testi delle canzoni. In silenzio, come se fossero poesie, o per provare l’emozione di cantarle ancora una volta.
Se siete stonati e volete sentire proprio loro mentre scrivete o navigate, ci sono i file audio di oltre 50 pezzi.
Più l’antologia di quanto i più importanti critici musicali hanno scritto sui Beatles dal 1960 ad oggi.
E la retorica di un buon arrivo? Un titolo della pagina con lo stesso titolo del link e il mantenimento della promessa, dando al lettore esattamente il contenuto annunciato.
Claire Harrison, autrice insieme a Irene Hammerich di Developing Online Content, ha pubblicato un interessante articolo sui link, con un tentativo di classificazione.
I link – scrive la Harrison – sono l’elemento base dell’ipertesto, creano per il lettore associazioni semantiche che si traducono in nuove conoscenze.
La sua classificazione è forse un po’ teorica, ma è sicuramente utile nell’aiutarci a “pensare ipertestuale”, a non dimenticare mai il lettore mentre scriviamo, ad arricchire il nostro testo di relazioni e associazioni:
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