La parola pubblicitaria

Ultimamente a questo sito sono arrivate parecchie email di giovani aspiranti copywriter pubblicitari. Le domande ricorrenti: come si diventa copywriter? come si entra in un'agenzia? quali sono le scuole migliori? come si scrive uno slogan efficace?

Devo regolarmente e onestamente rispondere che non lo so.
Mi è capitato di dover scrivere payoff e bodycopy. Una volta ho dovuto riscrivere i testi di un'intera campagna della mia azienda, ma se dovessi mettere nero su bianco anche solo delle indicazioni... davvero non saprei dove cominciare.
Eppure adoro le pubblicità, ritaglio gli annunci che mi piacciono, li analizzo, in televisione faccio zapping solo per vedere gli spot. Conosco ormai tanti testi sulla scrittura professionale, sulla scrittura per il web ce ne sono fin troppi, ma non potrei consigliare un manuale decente sulla scrittura pubblicitaria. I pochi che ho comprato negli USA mi hanno profondamente delusa. E non conosco nemmeno un sito su questo tema.

Quindi ho smesso di cercare e mi sono immersa in due libri bellissimi scritti da due copywriter italiani. Non sono dei manuali, piuttosto dei racconti (dai quali, contrariamente che da molti manuali, si impara moltissimo, perché si impara a immaginare e a pensare).

Il primo, Il Copywriter di Emanuele Pirella (Il Saggiatore, 19 euro) è il racconto di quattro decenni di vita professionale: vi incontrerete i grandi maestri della pubblicità, le campagne più famose, le avventure di una celebre agenzia italiana e dei suoi fondatori.
Vi convincerete che non ci sono metodi da seguire, ma una storia da conoscere, molte o poche occasioni da cogliere con incoscienza e coraggio, una curiosità incessante da esercitare. Curiosità verso l'intero mondo che ci circonda e verso tutte le forme espressive: parole, ma anche immagini, musica, film. Insomma, verso la vita.
Per fare la campagna dei Biscotti al Plasmon Pirella lesse interi trattati di puericultura, per la campagna di Gancia visitò le Langhe e lesse i libri di Fenoglio e Pavese, mentre il nome dello squisito liquore siciliano Morsi di Luce lo "rubò" a Gesualdo Bufalino. E per i profumi, quale migliore fonte di ispirazione dei poeti simbolisti francesi, con le loro ardite sinestesie?
Però Pirella alla fine del suo bel racconto ci regala anche qualcosa di molto pratico: la lista delle parole che un copy non dovrebbe mai usare e l'elenco delle scuole e delle università per gli aspiranti pubblicitari. Se le consiglia lui, possiamo fidarci.

Siamo quel che diciamo di Gabriella Ambrosio (Meltemi, 14,50 euro) è leggermente più "manualistico", nel senso che l'autrice ogni tanto interrompe il suo racconto e ci dà anche dei compiti da fare. 
"Il copywriting non si può insegnare, ma si può imparare", scrive la Ambrosio. E anche lei, come Pirella, ci racconta la storia della pubblicità, approfondendo soprattutto quella italiana, dagli anni Sessanta fino alle ultime tendenze: decine e decine di slogan, visual e campagne famose e meno famose, tutti analizzati e commentati.
Ma la parte più interessante è quella finale: qual è il ruolo del copywriter in un periodo in cui siamo assediati dalle immagini e in cui tutto sembra essere già stato detto e scritto?
Le mosse di autodifesa del copy e il suo punto di "ripartenza" potete metterle vicino alle "parole proibite" di Pirella.

Alla fine di queste due letture, ho ripreso la vecchia edizione de La parola immaginata di Annamaria Testa (Pratiche, 13,43 euro), il primo libro che ho letto sul copywriting, parecchi anni fa. Aveva i bordi delle pagine ingiallite, ma il fascino del libro era intatto e il testo attualissimo.
Ve lo consiglio: come gli altri due è un libro che fa pensare, un libro "responsabile", sostenuto da un forte rigore etico e terribilmente onesto.
In più, Annamaria Testa ci sa coinvolgere in un dialogo molto personale, intimo e sommesso con lei, fino all'inchino finale con cui questa signora della pubblicità si congeda dal lettore.

Tutti e tre i libri si fermano sulla soglia del momento "della creazione", un momento un po’ magico e misterioso: insight/illuminazione lo chiama la Testa, ovvero “un’esperienza che capita ogni volta che si stabilisce un collegamento che non c’era prima”; mentre la Ambrosio definisce talento creativo l'impalpabile qualità che fa creare il breve testo perfetto e riuscito.
Qualità che non si può insegnare, esperienza che non si può raccontare, ma solo vivere.

Come scrive Pirella, "nella cassetta degli attrezzi di un creativo c’è tutto". Il passato, il presente, le parole, le immagini, le letture, i ricordi….
Tutto può mescolarsi e collegarsi in maniera nuova e inedita, e distillarsi in poche immagini e parole che colpiscono la mente, l’emozione e il cuore. Un po' come succede con la materia incandescente dei sogni.