“dueparole” per i lettori dimenticati

www.dueparole.it
dueparole, mensile di facile lettura. Un titolo e un payoff che nella loro sintesi felice sono degni di un grande pubblicitario.
Un giornale dalla grafica tersa e chiarissima, 8 pagine di articoli di stringente attualità, un linguaggio semplice, che si fa capire da tutti.
Sembra nato oggi, apposta per il web... ma la citazione di Tullio De Mauro sulla home page ci annuncia che dietro tanta apparente semplicità c'è sicuramente qualcosa di più:

Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite: proprio per questo, diceva un filosofo, gli dei ci hanno dato una lingua e due orecchie. 
Chi non si fa capire viola la libertà di parola dei suoi ascoltatori. 
È un maleducato, se parla in privato e da privato. 
È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante, un dipendente pubblico, un eletto dal popolo. 
Chi è al servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire.

E infatti dietro dueparole c'è una storia lunga. Una storia di studio e ricerche, di passioni, di impegno, di piccole e grandi lotte quotidiane per portare il giornale e la lettura davvero a tutti, anche ai lettori più "dimenticati".
A raccontarcela è M. Emanuela Piemontese, professore ordinario di Glottodidattica e Sociolinguistica nell’Università di Roma “La Sapienza”.

Professoressa Piemontese, prima di tutto, chi sono i "lettori dimenticati"?

Di "lettori dimenticati", in Italia ce ne sono tanti, troppi. Le nostre percentuali di lettura di quotidiani e settimanali sono tra le più basse d’Europa e forse dell’intero mondo avanzato e industrializzato.
I "lettori dimenticati" sono le persone che nessuno considera nemmeno come potenziali lettori. Mi riferisco a quelle fasce di popolazione -tutt’altro che trascurabili numericamente- che hanno bisogno di un’attenzione supplementare da parte di chi fa comunicazione, informazione, formazione. 
Penso, in generale, ai ragazzi più o meno svantaggiati dal punto di vista sociolinguistico e culturale che popolano le classi della nostra scuola dell’obbligo. Penso ai ragazzi dislessici, a quelli con disturbi dell’apprendimento, ai sordi. Penso, in particolare, ai ragazzi che soffrono di qualche forma di ritardo mentale. Oltre agli specialisti, chi sa quanti sono? Sono circa il 3% della nostra popolazione. Chi si occupa e preoccupa, dopo la loro uscita dalla scuola dell’obbligo, di che cosa queste persone potranno leggere? Leggere e capire, intendiamoci.
Chi pensa alle persone anziane, sole o inserite in strutture di accoglienza, con problemi di memoria e anche di perdita di grossa parte delle abilità linguistiche?

Ma accanto a questi "lettori dimenticati" secondo lei non ce ne sono altri che, pur non avendo problemi specifici di lettura e comprensione, si trovano tuttavia in difficoltà nel leggere molti testi scritti in lingua italiana?

Non c’è dubbio. La disattenzione di molti di coloro che hanno il compito istituzionale o la funzione sociale di comunicare con i cittadini, per informarli o per formarli, in Italia è cronica, anzi direi storica. 
Ma affrontare ora questo discorso ci porterebbe lontano davvero. Diciamo solo che in Italia il problema dell’attenzione (o meglio della disattenzione)verso destinatari specifici, con bisogni supplementari di attenzione e considerazione, s’inscrive all’interno di un problema più generale, di tipo culturale, che è stato abbondantemente capito e sottolineato da almeno centocinquant’anni da Manzoni,Pascoli, Gramsci, da don Milani, solo per fare qualche nome. 
Il problema è duplice: innanzitutto, qual è la densità della cultura e la circolazione, cioè la reale comunione dei beni fatti di conoscenze in Italia? In secondo luogo, quali strumenti e quali tecniche (quando diciamo "tecniche", ci riferiamo a criteri oggettivi, espliciti e validati da confronti e risultati concreti)vengono adottati -da chi di dovere nelle diverse situazioni comunicative- per accrescere la densità della cultura e la condivisione delle conoscenze?

In questo senso diventa chiaro il motivo per cui i testi di dueparole sono apprezzati anche dai ragazzi della scuola dell’obbligo cosidetti "normodotati" che leggono poco i testi di tipo informativo perché annoiati e frustrati dalla lettura (e dall’ascolto) di informazioni scritte o formulate in modo complicato e perciò per loro (ma davvero solo per loro?) oscure e incomprensibili. 
Diventa chiaro anche perché, nella sua prima vita, dueparole ha avuto tra i suoi abbonati molti stranieri immigrati in Italia. 
Spesso si trattava di persone - diplomate o laureate nei loro Paesi - che volevano imparare l’italiano in modo più sistematico e, nello stesso tempo, essere informati davvero, cioè capendo quello che leggevano sui giornali o ascoltavano in televisione.
Per questa ragione, nel fare dueparole noi pensiamo sempre anche agli immigrati, soprattutto a quelli arrivati da poco in Italia, che qualche familiarità con la lingua parlata riescono pure ad averla. Ma altro discorso è l’accesso per loro ai nostri testi scritti, per la verità non di rado poco accessibili e incomprensibili anche per noi. O no?/p> Alla luce di tutto ciò si capisce anche perché dueparole finora ha avuto forse più credito e fortuna all’estero che in Italia. Soprattutto negli Stati Uniti d’America e in Canada, ma più di recente anche in altri paesi del centro e sud America come il Messico e, infine, nei Paesi dell’Europa orientale. Infatti dueparole è richiesto, usato e, se posso dirlo senza peccare troppo di immodestia, anche molto apprezzato dai docenti e dagli studenti dei corsi iniziali di lingua italiana come lingua straniera. In questo caso, accanto alla lettura degli studenti, c’è anche l’uso didattico, esplicito, di dueparole che gli insegnanti fanno.
Per noi, è il riconoscimento più alto del lavoro scientifico portato avanti in tutti questi anni, con (e comunque sempre appresso a) Tullio De Mauro.

... quindi i "lettori dimenticati" sono lettori ai quali nessuna casa editrice pensa....

... esattamente. Pensare a loro richiederebbe un enorme sforzo in termini non solo economici, ma anche di tempo... eppure sono persone che, come tutti, hanno diritti e doveri. Il diritto di leggere, di capire, di votare, di essere e sentirsi inseriti a pieno titolo nella nostra società. Ma anche il dovere di lavorare, di pagare le tasse, ecc.

Quando nasce dueparole e qual è stata la spinta iniziale?

dueparole ha avuto una doppia vita... è un giornale che ha vissuto due volte. La prima vita è cominciata nel 1989: in aprile esce il primo numero a stampa, dopo tre anni di formazione alle tecniche di scrittura semplificata attivato presso la cattedra di Filosofia del Linguaggio, tenuta dal prof. Tullio De Mauro, e di sperimentazioni nei centri di formazione professionale per persone con problemi di disabilità mentale più che fisica.
La tiratura era di 3.000 copie mensili, inviate gratuitamente a insegnanti, operatori socio-sanitari, genitori di disabili, persone sorde, ma anche a molti giovani con problemi di comprensione che entravano nel mondo del lavoro e che sentivano il bisogno di tenersi informati.

Ma l'idea, com'era nata?

Nel 1983 alcuni bibliotecari di Roma, genitori di figli adulti con ritardo mentale e alcuni operatori socio-sanitari, si sono rivolti al prof. Tullio De Mauro per chiedergli cosa si potesse dare da leggere a giovani con forme di handicap mentale, ormai usciti dalla scuola dell'obbligo, per tenersi informati e continuare ad esercitare le abilità di lettura.
Partirono così degli esperimenti di scrittura semplificata che nell'anno accademico successivo si sono trasformati in un vero e proprio laboratorio di scrittura, forse il primo laboratorio universitario di scrittura in Italia... ed era il 1984.
Da questo seminario, che è durato tre anni, sono nati alcuni criteri di scrittura controllata per la redazione di testi adeguati ai livelli di conoscenza linguistica e cognitiva di popolazioni scolastiche differenziate, per esempio sia per ragazzi della scuola dell'obbligo, sia per persone adulte ma con svantaggi di vario tipo.
Prima dell'uscita a stampa, aiutati dagli insegnanti, i testi sono stati ripetutamente sottoposti a moltissimi lettori in centri di formazione professionale e nelle scuole medie per verificare se i testi erano scritti in modo adeguato alle esigenze di comprensione dei lettori.

Quindi un progetto cresciuto dentro l'università, ma nato da un bisogno forte e reale, portato avanti attraverso un confronto continuo con i potenziali lettori...

L'équipe del prof. De Mauro aveva avviato fin dalla metà degli anni '70 numerosi esperimenti sulla leggibilità e la comprensibilità dei testi, prima per capire a quali condizioni i testi si possano ritenere leggibili e comprensibili, poi per trarre da queste analisi delle indicazioni propositive per migliorare la qualità e l'efficacia comunicativa dei testi scritti. 
Infatti proprio in quegli anni nasceva non a caso la collana dei "Libri di Base" degli Editori Riuniti. Si tratta della prima esperienza sistematica di divulgazione scientifica fatta in un linguaggio preciso, ma anche chiaro e semplice.

Quali sono i principali suggerimenti per la scrittura "controllata"?

Noi di dueparole amiamo molto le regole enunciate da George Orwell nel suo saggio Politics and the English Language.
E cioè, prima di tutto scrivere in un certo senso come si parla, naturalmente non in senso letterale, ma con la stessa semplicità e immediatezza del linguaggio parlato.
L'italiano, quando lo si usa nella forma scritta, fa sempre dei forti salti verso livelli di formalità e aulicità, che in altre lingue sono sicuramente più bassi.
Ancora: usare parole molto semplici, parole conosciute da tutti, formulare frasi brevi, ma sopratutto evitare espressioni cristallizzate e stereotipate, che non danno nessuna informazione e conoscenza nuova.
Però è all'ultima regola orwelliana siamo particolarmente affezionati: la regola delle regole è quella di non applicare regole se le regole fanno dire qualcosa di barbaro. Ma questa regola vale, sia chiaro, solo dopo aver applicato le precedenti.

Quindi in realtà la prima regola è il buon senso e consiste soprattutto nel mettersi nei panni del destinatario e chiedersi "che cosa capirebbe una persona che di questi argomenti non sa assolutamente niente?".
I livelli sui quali può intervenire l'autore del testo sono sostanzialmente tre, quello lessicale, quello sintattico e quello dell'organizzazione dei contenuti.
Livello lessicale: le parole vanno scelte all'interno del "vocabolario comune", termine tecnico che indica le parole mediamente conosciute dai parlanti di una comunità linguistica con un'istruzione medio-alta. All'interno di quest'ultimo c'è il "vocabolario di base", circa 7.000 parole con cui si può praticamente spiegare e insegnare tutto a tutti, anche concetti molto difficili, parole tecniche e perfino parole straniere.
Livello sintattico: costruire frasi molto brevi, il più breve possibili, così come consigliava di fare Carlo Emilio Gadda quando ha redatto le norme per i redattori dei giornali radio negli anni '50.
Il livello più complesso è però quello dell'organizzazione logico-concettuale del testo. In sintesi: capire bene cosa si vuole dire, a chi lo si vuole dire e cercare di selezionare e "snocciolare" le informazioni disponendole in un ordine logico che non dia niente per scontato e che fornisca al lettore le informazioni e tutti gli appigli che gli servono per capire il testo.
È un lavoro lungo, che si impara solo mettendo "le mani in pasta" e attraverso anni di autocontrollo nella scrittura.

... quindi la semplicità di dueparole è un punto di arrivo...

... sì, un punto di arrivo che richiede molta fatica, molta disciplina, molto coraggio e... molta umiltà, un'umiltà intellettuale, che non è falsa umiltà, ma che significa non essere troppo innamorati di se stessi e delle proprie idee, per riuscire a mettere insieme le proprie idee con i bisogni degli altri.

dueparole è un esempio un po' estremo di semplificazione, ma i suggerimenti della scrittura controllata sono utili anche per scrivere altri tipi di testi informativi e funzionali?

dueparole è alla base di una serie di importanti progetti di semplificazione linguistica, per esempio nel campo del linguaggio amministrativo e burocratico.
Dopo l'avvio di dueparole è partito nel 1993 il progetto di Sabino Cassese sulla semplificazione del linguaggio amministrativo, da cui sono nati prima il Codice di Stile, poi il Manuale di Stile del Dipartimento della Funzione Pubblica. 
La responsabile della parte linguistica dei due progetti ero io: tutto il know-how di dueparole vi è inevitabilmente confluito, naturalmente tarato su altri tipi di destinatari, di obiettivi e tipologie di testi.
dueparole è stato quindi la "palestra linguistica" in ci siamo fatti i muscoli per combattere in altri contesti altre guerre e altre battaglie. Battaglie culturali, sociali, civili e democratiche.

La prima vita di dueparole non è stata facile, tanto che le pubblicazioni sono state interrotte nel 1997.
Ora la rivista rinasce sul web, medium ideale per diffondere a costo zero pubblicazioni che non hanno le forze per "sgomitare" sul mercato e quindi non trovano facilmente finanziamenti e sponsor. Ma ideale anche per la capacità di diffusione senza barriere geografiche. Quali sono i vostri nuovi progetti e quali gli obiettivi?

Le pubblicazioni si sono interrotte, ma la redazione da me coordinata non ha mai smesso di lavorare per riprendere il giornale in altre forme. 
Oggi, il formato elettronico ci consente due cose: in primo luogo abbattere i costi e raggiungere rapidamente e in maniera molto più sicura i nostri lettori; in secondo luogo far arrivare dueparole dappertutto, perché una buona parte dei lettori è all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, dove la rivista è utilizzata per lo studio iniziale dell'italiano come lingua straniera.
Ma il nostro obiettivo di fondo è lo stesso di vent'anni fa: portare avanti la nostra battaglia culturale e civile per diffondere -per dirla con una felice espressione di Tullio De Mauro- "il virus della chiarezza" e una cultura fatta di sensibilità e di attenzione verso i cittadini, perché siano sempre più lettori e lettori che siano e si sentano sempre più cittadini.

per scrivere alla redazione di dueparole:
redazione@dueparole.it

per scrivere alla prof.ssa M. Emanuela Piemontese
emanuelapiemontese@dueparole.it


Per saperne di più - Bibliografia di base

Tullio De Mauro

Guida all'uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980-1997 (XII edizione, con dischetto annesso del "Vocabolario di base")
A chiare note, "L'Informazione Bibliografica", Il Mulino, 1/1991
Capire le parole, Roma-Bari, Laterza, 1994

M. Emanuela Piemontese

Capire e farsi capire. Teorie e tecniche della scrittura controllata, Napoli, Tecnodid, 1996
Criteri e proposte di semplificazione, in in Dipartimento della Funzione pubblica, Codice di Stile, Roma, Poligrafico dello Stato, 1993: 27-33
Guida alla redazione dei documenti amministrativi, in Dipartimento della Funzione pubblica, Manuale di Stile, a cura di A. Fioritto, Bologna, Il Mulino, 1997: 17-65
M. Emanuela Piemontese (a cura di), I bisogni linguistici delle nuove generazioni, Scandicci-Firenze, RCS-La Nuova Italia, Quaderni del Giscel, 2000
M. Emanuela Piemontese (a cura di), Lingue, culture e nuove tecnologie, Scandicci-Firenze, RCS-La Nuova Italia, Quaderni del Giscel, 2000
La scrittura: un caso di problem solving, in A. R. Guerriero (a cura di), Laboratorio di scrittura. Non solo temi all'esame di Stato. Idee per un curriculum, Scandicci-Firenze, RCS-La Nuova Italia, Quaderni del Giscel, 2002: 1-40