Fiabe in azienda: scrivere, ascoltare, raccontare

di Piera Giacconi

 

Viviamo un momento particolare della comunicazione aziendale, in cui le organizzazioni, pubbliche e private, sembrano alla ricerca continua di nuovi linguaggi capaci di rappresentarne le aspirazioni profonde, di trovare soluzioni creative a problemi inediti.
Si attinge molto all'arte, e tra le arti soprattutto alla letteratura. Si sono scritti libri interi sulla forza dello storytelling e ci sono aziende tradizionali e serissime che hanno introdotto al loro interno persino workshop di poesia.
Ce ne sono altre, anche in Italia, che puntano invece sulla forza del linguaggio delle fiabe.
Ne parliamo con Piera Giacconi, arteterapeuta, autrice del sito La voce delle fiabe.

 

Piera, tu nelle organizzazioni porti qualcosa di apparentemente lontanissimo dal mondo della competizione e della produzione: le fiabe tradizionali di Perrault e dei fratelli Grimm, quelle che introducono i bambini alla dimensione narrativa, che li aiutano a superare le loro paure. Perché le fiabe possono essere così importanti per gli adulti, nel mondo del lavoro per giunta?

Le fiabe sono un manuale di istruzioni antichissimo, che da molti millenni viene trasmesso sul pianeta, in tutte le culture, in tutti i continenti. Un manuale che ci insegna come fare per diventare uomini e donne consapevoli.
Non sono storie per addormentare i bambini. Sono storie piene di sangue, di morti ammazzati, di tradimenti, di fratelli che vogliono uccidere i fratelli, di padri che vogliono ammazzare o esiliare i propri figli. Ne i Dodici Fratelli dei Grimm, per esempio, il re annuncia che se il tredicesimo figlio sarà femmina, tutto il regno andrà a lei e che sono già pronte le dodici bare per i dodici figli maschi… una fiaba terribile.
Eppure proprio questi terribili racconti appartenenti al mondo meraviglioso ci insegnano come superare le nostre paure, scoprire una soluzione, trasformarci da cenerentola o mendicante in re, regine o marchesi di Carabas, esattamente come il figlio del mugnaio rimasto orfano nel Gatto con gli stivali.

Le fiabe sono una struttura viva, simboli viventi che ci mettono in risonanza con l'infinito che abbiamo dentro.
Perché infinito è il nostro potenziale: coraggio, libertà, onestà, lealtà, creatività, fiducia, gioia, dinamismo, entusiasmo, pazienza, disponibilità, apertura, ascolto. Quando ci sembra di aver raschiato in fondo al barile, è invece giunto il momento di scoprire la porticina, o la botolina verso questo magazzino segreto di qualità positive, come accade nella fiaba delle Tre piume, in cui il povero principe – al quale è stato chiesto dal padre di portare le cose più straordinarie - viene soccorso dalla regina rospo.

Quindi le fiabe sono uno strumento prezioso, anche in contesti difficili quali sono spesso quelli lavorativi…

Sì, soprattutto perché ci consentono il contatto immediato con la risposta che cerchiamo. Viviamo un periodo in cui non sempre possiamo applicare regole certe o ricette precostituite. È necessario essere veloci, prendere dei ritmi, saper scegliere con responsabilità. La fiaba ci fa attingere a quelle risorse personali che da sole ci indicano come procedere nel corso della vita, senza remare contro, senza forzare, facendo piuttosto maturare gli eventi, in modo da allinearci con il cambiamento. La libertà creativa non può essere vincolata a degli schemi, richiede un capovolgimento mentale: e questo è il millenario messaggio delle fiabe.

Cosa si aspetta un'azienda o un'amministrazione quando decide di aprire le sue porte a una moderna cantastorie? A quali problemi cerca una risposta?

Quasi sempre le aziende mi chiamano quando hanno problemi di identità. Aziende che diventano più grandi, aziende che vengono assorbite o incorporate.
Cercano quindi risposte creative a problemi di comunicazione interna, di lavoro di gruppo, di rimotivazione delle persone, di resistenze al cambiamento.
Per esempio, ho lavorato con le fiabe con un imprenditore di allestimenti museali e teatrali, che in un momento di crisi temeva di dover fare dei licenziamenti.
Si è rivolto a me perché “sapeva di non saper dire di no”. Nel corso dell'atelier creativo, si è man mano reso conto di quanti talenti avesse dentro di sé e ha imparato a rimanere saldo di fronte al suo problema.
Non ha poi dovuto licenziare nessuno, perché ha ricevuto una commessa per un importante allestimento museale a livello europeo, ma la scoperta dei suoi talenti lo sta aiutando anche ora che è in lotta contro una malattia e si immagina come un cavaliere con una spada, quella dell'arte, e un grosso mantello sulle spalle: l'infinito.

E aziende più tradizionali, per esempio le amministrazioni pubbliche?

A Natale 2006 le Poste della provincia di Udine hanno organizzato una grande festa per ringraziare il personale per aver conseguito il più importante risultato dell'Italia del nord. Dopo la lettura dei risultati e dei numeri del bilancio, a 124 dirigenti ho raccontato una fiaba per capire insieme con quali strumenti e quali risorse avessero raggiunto un tale risultato, e come preservare e condividere questo patrimonio così prezioso.

Immagino che ogni volta che entri in un'azienda sia una “storia” diversa. Ci puoi spiegare il tipo di lavoro che fai… lettura, racconto, scrittura, interpretazione… cosa succede?

Lavoro sia con la narrazione, sia con la scrittura.
Nel primo caso racconto una fiaba e il gruppo la commenta insieme, in maniera del tutto libera, senza ruoli, senza culture, così come fanno i bambini. Solo in base alle emozioni che la fiaba ha suscitato.
La fiaba è un bacino ricchissimo su come parlare e trasmettere insegnamenti. Ogni fiaba fornisce moltissime immagini e dettagli, viene ricordata pezzo per pezzo. Un bambino non dimentica il colore della piuma del gatto, un dettaglio infinitesimale, eppure così importante.
Si parla tanto oggi in azienda di intelligenza emotiva, di uso intelligente delle emozioni. Queste emozioni, tra le persone che hanno ascoltato la fiaba, possono essere diversissime, e tutte hanno diritto di cittadinanza. La fiaba permette di essere totalmente liberi e totalmente in ascolto.
Per lavorare bene insieme è necessario prima di tutto ascoltare se stessi e oggi le persone non si prendono abbastanza tempo per questo genere di ascolto, e poi si stupiscono che ci siano tanti malintesi nella comunicazione.
Nel secondo caso utilizzo la scrittura, ispirata talvolta da un ascolto musicale legato alla fiaba, oppure da un pezzo di fiaba scelto anche a caso – dove le coincidenze casuali sono in realtà parte di un linguaggio più vasto che ci mette in comunicazione con il Tutto-Possibile.
E' come dare una penna al cuore, lasciare che il nostro mondo interiore così infinitamente ricco, possa comunicare con noi attraverso la scrittura libera e creativa, visionaria. “Andare in creatività” diventa immergerci in quello spazio infinito di risonanze per metterci in ascolto, diventare un buon vaso e raccogliere messaggi ispirati, e finalmente entrare in contatto diretto con le risposte cercate.

In un gruppo di colleghi, abituati a confrontarsi su numeri, scenari, a comunicare per email senza guardarsi, con un linguaggio stringato, o a colpi di slide, cosa succede quando si trovano tutti insieme, in un cerchio, ad ascoltare e scrivere fiabe? Non ci sono imbarazzi a uscire dal proprio ruolo?

Come no! Un imbarazzo che si supera lavorando con il corpo che è la casa del nostro infinito, una casa di cui troppo spesso ci dimentichiamo.
Io faccio muovere i piedi, ballare, mimare degli animali, soprattutto respirare, lo strumento più adatto e delicato per affrontare e sciogliere le nostre resistenze.
Il respiro riporta le cose a una naturalezza straordinaria nel giro di pochi minuti.

Ti ricordi della pubblicità dell'Enel con Giancarlo Giannini nei panni di moderno cantastorie? Mi ha molto colpita che un'azienda moderna, in un momento di forte espansione e ridefinizione del brand, della sua identità verso il mercato, avesse deciso di ricorrere in maniera così esplicita al mondo delle fiabe. Per parlare ai grandi, non ai bambini.

Una pubblicità che ha colpito anche me. In realtà, è una pubblicità che parla sì ai grandi, ma al bambino che è dentro ognuno di noi. Una parte emotiva, legata ai sensi così come un bambino li percepisce: come sente il vento tra i capelli, la sabbia umida sotto i piedi, le gocce di pioggia su una mano. Tutte le nostre risorse creative sono fortemente legate al sentire del nostro corpo.

È la dimensione “bambina” alla quale attingiamo. Anche dentro un importante dirigente c'è questo bambino, con i suoi lati ombrosi, le sue paure, le sue ritrosie, le sue ferite.
Parlare al bambino in senso creativo significa parlare alla parte più viva che c'è dentro di noi. Una parte innocente, fragile, debole, che nelle fiabe è spesso rappresentata dal terzogenito. Eppure è quella che da sola riesce a vincere gli orchi e a riportare ordine in tutto il regno.

La dimensione narrativa nella mia attività professionale è sempre stata importante, e lo diventa sempre di più. Ricorrere a modelli narrativi mi porta a scoprire storie di aziende, persone, progetti, mi aiuta a uscire dagli schemi, a individuare idee di comunicazione nuove, soluzioni testuali originali. Per molte aziende riscoprire e raccontare il loro “mito di fondazione” serve a dare senso e forza al presente. Basta guardare il “profilo aziendale” nei siti di due grandi aziende italiane: Illy racconta la storia romantica di un ufficiale dell'esercito asburgico, Mandarina Duck la storia di un'amicizia e di un'anatra cinese… E il bisogno di raccontare e ascoltare storie è anche uno dei principali motivi del successo dei blog, personali e aziendali.

Le persone hanno bisogno di incontrarsi realmente, parlare e sentirsi parlare, raccontare di sé. Farlo in forma metaforica, attraverso una fiaba, può essere ancora più semplice, perché ci permette di assumere di volta in volta tanti punti di vista diversi, con infinita libertà.
Mi viene in mente il caso di un promotore finanziario che scrisse una bellissima fiaba per riuscire a mettere insieme “un bastimento di 500.000 euro”. Per leggerla ci fece spegnere le luci e accese una candela: la fiaba cominciava proprio in una stanza buia, a lume di candela, dove lui apriva una scatola piena di vecchie fotografie, ricordi da cui attingere la forza per compiere questa grande impresa.

Oggi, soprattutto in certi ambienti lavorativi, abbiamo perso il concetto che la vita è pura abbondanza. Viviamo in una dimensione mentale di mancanza, una dimensione votata assolutamente alla sofferenza.
Tutte le leggende, i miti, le fiabe, le storie legate agli essere fatati ci parlano invece di abbondanza, ci aiutano a concepire di nuovo “in volume” e ad attingere alle infinite risorse che sono dentro di noi.
Un infinito che ci è precluso quando ci affidiamo solo al funzionamento binario della nostra mente (bianco-nero, giorno-notte, più-meno, uomo-donna, buono-cattivo), che si apre invece con le chiavi della metafora, del simbolo e dell'immaginazione.

Quando abbiamo un problema, ci mettiamo in cammino alla ricerca della risposta come gli eroi delle fiabe. E le fiabe ci indicano come diventare re, cioè consapevoli del nostro potenziale. Il risultato – soprattutto nel mondo del lavoro – è che riesco a fare del bene non solo a me e al mio regno, ma magari anche ai regni vicini come nella fiaba L'Acqua della vita… per ringraziarmi di averli sfamati e liberati dal nemico, gli altri re mi mandano degli asini carichi d'oro.

Anche per chi in azienda e per le aziende scrive il concetto di sovrabbondanza è importante. Io leggo storie, e anche fiabe, per alimentare il mio magazzino di parole, espressioni, immagini, metafore, storie, modelli testuali. Mi sembra di non averne mai abbastanza.
Anche di consigli non ne abbiamo mai abbastanza, per cui concluderei chiedendotene alcuni “fiabeschi”.
Per esempio, quale fiaba consiglieresti a chi si sente stretto nel suo lavoro e cerca nuovi orizzonti e possibilità?

Il gatto con gli stivali di Perrault è una fiaba potentissima per uscire da visioni e situazioni di ristrettezza. E' la storia del figlio di un mugnaio che, perso il padre, si ritrova solo con un gatto. Il fratello maggiore ha ereditato il mulino, il secondogenito l'asino… lui è sicuro di morire di fame una volta che avrà mangiato il gatto. Ma non sarà così, anzi…

Una fiaba per far risalire l'autostima in un momento difficile, per esempio quando il nostro superiore ci ha fatto una lavata di capo?

Un inno alla gioia è Il coraggioso piccolo sarto dei fratelli Grimm. Il piccolo sarto ammazza sette mosche e subito si cuce una bella cintura a lettere d'oro con su scritto “Sette in un colpo”. Pensa in grande e desidera che tutta la città conosca la sua grandezza e la sua bravura, così si mette in cammino verso l'ignoto. Di successo in successo, da piccolo sarto diventa re e le contraddizioni si annientano da sole.

E per un manager che deve prendere una decisione difficile, che può avere conseguenze serie su altre persone?

I tre capelli d'oro del diavolo, sempre dei fratelli Grimm. Qui la salvezza arriva da una vecchina, che come la volpe, la strega o il corvo, rappresenta l'alleanza con la vita, il suggerimento da cogliere per uscire da una situazione apparentemente senza via di scampo. E solo il nostro determinato desiderio di vivere felici ce l'ha fatta incontrare.

Infine, una fiaba per lo scrittore sconsolato, il copy che si sente vuoto e non riesce a scrivere nemmeno una riga?

Sicuramente Il leprotto marino, la storia di una principessa molto superba che vuole regnare senza marito, perché così sarà veramente libera per tutta la vita. In realtà è molto sola e triste, perché davanti al portone del suo castello ha le 97 teste mozzate di tutti i pretendenti che ha fatto decapitare. È una fiaba che ci insegna a uscire dal blocco e dalla solitudine della razionalità.

PS
Due libri che parlano di poesia in azienda:
David Whyte, Il risveglio del cuore in azienda, Galgano 2000
Whyte è un poeta inglese,formatore negli USA presso Boeing, Honeywell, Kodak, AT&T.
John Simmons, Dark Angels. How writing releases creativity at work, CYAN 2004
Simmons è un famoso business writer londinese, a capo dell'agenzia The Writer e per molti anni del settore Verbal Identity di Interbrand. In Dark Angels, il diario dei suoi seminari poetici ai comunicatori di grandi aziende britanniche.


Piera Giacconi è arte-terapeuta e formatrice.
Laureata in lingue, ha studiato psicologia applicata alla comunicazione, tecniche ad approccio corporeo, narrazione e canto con importanti ricercatori in Italia e all'estero. Fa parte del Club di terapeuti e formatori Horaklés® di Parigi. Si è specializzata a “La Voix des Contes”, dove ha appreso come utilizzare le fiabe per lo sviluppo della qualità umana e del potenziale creativo negli adulti.
Nel 2004 ha fondato a Udine la scuola italiana per cantastorie ed arte-terapia basata sul metodo Debailleul. Dal 1999 ha raccontato fiabe a più di 3.000 persone. Dal 2004 al 2006 ha animato il gruppo teatrale “I dodici Cacciatori” e collabora con musicisti diversi.
Il suo sito: La voce delle fiabe.