Verso una primavera della scrittura
un'intervista a Domenico Fiormonte
Domenico Fiormonte è l’autore, insieme a Fernanda Cremascoli, del Manuale di scrittura, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 1998. Già allora – sono passati solo tre anni, ma lo sviluppo di internet ce li fa sembrare tre decenni – l’ultimo capitolo era dedicato alla “scrittura elettronica”
Con lui facciamo il punto sulla scrittura professionale e la scrittura per internet.
Domenico, tu sei un esperto di scrittura professionale. Il tuo manuale affronta, una per una, tutte le tipologie di documenti che si scrivono nel mondo del lavoro: comunicati stampa, circolari, moduli, curricula... secondo te quale influenza sta avendo il web proprio sui documenti e gli strumenti più tradizionali della comunicazione?
Rivoluzionando tutti i processi di produzione e distribuzione dell’informazione era inevitabile che internet influisse anche sui "prodotti" della comunicazione. Credo che la maggioranza dei documenti come li conosciamo oggi scompariranno – e sarà un gran bene -: fatture, moduli delle tasse, avvisi, ricevute, cedole. Tutto ciò che richiede interazione da parte dei net-cittadini sarà online.
Poiché ciascun medium di comunicazione crea un universo semiotico a sé, con alcuni nuovi strumenti - pensa ai cellulari di terza generazione (UMTS) - dovremo progettare nuove forme di organizzazione dell’informazione. E questo vale anche per le bollette del gas...
Purtroppo, non mi sembra che intellettuali e politici si siano accorti che questa è la più grande occasione di "riscrivere" il patrimonio genetico della burocrazia italiana da vent’anni a questa parte.
Ma tornando a ciò che cambia, già adesso alcuni strumenti di comunicazione classici sono in via d’estinzione: un esempio è il comunicato stampa, oggi sempre di più sostituito o affiancato dalle varie forme di newsletter elettroniche.
Tantissimo è anche cambiata la comunicazione dentro l’azienda: posta elettronica e internet sono di volta in volta usati come strumento di emancipazione o di oppressione (il mobbing, il calo della produttività).
Ma non sta cambiando solo il modo in cui l’azienda comunica all’esterno e all’interno: con internet cambia il modo in cui l’azienda fa business.
E questo è più importante. Ormai i consumatori vengono "targettati", identificati mentre navigano: si sa cosa vedono, cosa comprano, cosa desiderano. E le aziende costruiscono i prodotti "dinamicamente", su misura; non più (o non soltanto) seducendo, ma leggendo i consumatori.
Questo tipo di fenomeni interessa anche chi scrive professionalmente. Quando le aziende agganciano (o creano) una comunità virtuale, fioriscono siti, forum, liste di discussione, chat e relative interfacce di comunicazione … una vera manna per gli scrittori e – per usare una definizione più ampia – gli information manager.
Qual è il tuo parere sulla qualità della scrittura dei siti internet italiani? Io penso che cominci a farsi strada una maggiore consapevolezza delle peculiarità di questo medium. Mi capita sempre più spesso di vedere dei siti ben scritti, soprattutto quelli della pubblica amministrazione che mi sembra ora anche più avanti del mondo delle imprese ….
Un miglioramento indubbiamente c’è stato. Ma secondo me il problema della scrittura pubblica va inquadrato in una prospettiva generale.
Come in molti altri campi della comunicazione in Italia, siamo di fronte a una certa schizofrenia. Fra gli 8 (secondo alcuni 9) milioni di utenti italiani che usano la rete ci sono molti funzionari di amministrazioni pubbliche e aziende che hanno difficoltà a produrre documenti non dico efficaci, ma leggibili.
Poi però – come noti giustamente - se si vanno a guardare alcuni siti, soprattutto istituzionali, la musica cambia.
Alcuni siti pubblici italiani offrono servizi davvero all'avanguardia.
Ma allora perché il bollettino per inviare una raccomandata è lo stesso – grassetto più grassetto meno – da trent’anni?
Perché i moduli delle tasse sono ancora troppo difficili? (e purtroppo ne so qualcosa, perché ho fatto parte dell'équipe di riscrittura di UNICO 2000).
La risposta è che l’investimento sulla comunicazione è visto ancora come un investimento sulle tecnologie e non sulle competenze. Il web non è percepito come un’occasione di chiarezza e avvicinamento agli utenti, ma come una vetrina per vendere meglio i propri prodotti.
Le aziende, ivi comprese quelle pubbliche o miste, sentono il fiato sul collo della concorrenza e danno in appalto la realizzazione dei siti a professionisti. Ecco però che questi professionisti lavorano dentro il recinto del web, senza nessun contatto col resto dell’azienda o istituzione. Si ritiene – a torto – che un avviso comunale o un modulo abbiano meno visibilità e impatto di una pagina internet. In realtà è esattamente il contrario, ma le istituzioni continuano a perseverare nell’errore: non c’è consapevolezza di che cosa sia veramente la comunicazione. In questo modo il cittadino comune viene tenuto lontano: ieri con le barriere del linguaggio e oggi anche della tecnologia.
Sintesi, ipertestualità, interattività, chiarezza, attenzione ai microcontent: tra le più importanti caratteristiche della scrittura online quella che mi sembra tuttora sottoutilizzata è sicuramente l’ipertestualità. Io stessa riesco facilmente a collegare con i link articoli e chunk di testo esistenti, ma fatico a "pensare" e a "costruire" un ipertesto. Che ne pensi, e come avvicini i tuoi studenti alla logica ipertestuale?
L’ipertestualità è uno dei temi che affascinano di più gli studenti. Dedico sempre almeno tre-quattro lezioni a questo argomento, partendo innanzitutto dalla storia e dalla teoria. Considero l’ipertestualità un "genere latente" dell’espressione artistica, per cui cerco di mostrare che le idee di interattività, apertura, non-linearità le ritroviamo nei manoscritti medievali come nel teatro di Grotowski, nella poesia futurista come nei cartoons.
Queste contaminazioni mi permettono di arrivare a ciò che dicevi: l’ipertesto come modo di pensare prima ancora che diversa struttura dell’informazione.
Per la parte pratica commentiamo insieme i siti più interessanti (oppure alcuni ipertesti locali, come i classici di www.eastgate.com) e analizziamo esempi tratti dall’esperienza professionale o "ludica". Nel primo caso la consulenza per i siti di RAI Educational si è rivelata preziosa. Ogni giorno in RAI capita di dover organizzare una massa di documenti, testi e dati in un percorso ipertestuale coerente. Con limiti di tempo a volte pazzeschi questo è un compito difficile, per il quale occorre molto allenamento. Per cui cerco di fare molti esercizi di adattamento e traduzione di testi cartacei a Internet: uno skill sempre più richiesto dal mercato.
Nei tuoi corsi insegni agli studenti delle facoltà umanistiche a capire e a utilizzare le tecnologie informatiche per il loro futuro lavoro di studiosi, insegnanti o comunicatori. Eppure l’università nel suo complesso è ancora terribilmente indietro su questi temi.
Hai perfettamente ragione: l’università sta perdendo una grande occasione. Come sai questo è un tema che mi tocca da vicino, perché dal ‘97 sono impegnato un un’opera di "proselitismo" del tema scrittura e nuove tecnologie. Alcune mi hanno ascoltato (lo dico con un certo orgoglio): Pisa, Venezia, Torino hanno avviato servizi e laboratori di scrittura di qualità.
Ma non basta. Quello che occorre è formare una scuola di professionisti e imporre queste figure sul mercato. Ma come si fa se non esistono posti di ricerca, cattedre e concorsi per queste discipline? E’ per questo che insieme a un gruppo di colleghi spagnoli, tedeschi e britannici ci stiamo muovendo per costruire un Master Europeo in Scienze Umane e Nuove Tecnologie. Terrò il MdS informato…
Ma intanto che cosa suggerisci ai giovani che vogliono lavorare nel mondo della comunicazione? Quali interessi perseguire e quali competenze acquisire, anche a livello personale?
Chi è interessato a questi temi deve formarsi da solo o rivolgersi ai numerosi corsi offerti da aziende e scuole private.
Per fortuna per noi umanisti all’interno delle imprese web si va facendo strada l’idea che l’aspetto testuale – e non parlo naturalmente solo di lessico o sintassi – sia fondamentale.
Un buon grafico e un buon programmatore non bastano più. La ricerca e la selezione del materiale, l’architettura dell’informazione, l’organizzazione del contenuto, il modo in cui i testi dialogano con le immagini, sono tutte competenze che oggi decidono o meno del successo di un prodotto.
Come dice Dario Corno, internet e l’alfabetizzazione informatica hanno creato le basi per una primavera della scrittura. Con un effetto interessante: la crescita del mercato dei redattori, degli esperti di scrittura e di usabilità web, che cominciano a fare breccia anche nei settori più tradizionali.
Insomma, forse in capo a tre o quattro anni avremo anche in Italia una categoria professionale riconosciuta: l’editor. Oggi se voglio aprire una partita IVA sono costretto a scegliere all’interno di categorie professionali le cui definizioni risalgono probabilmente agli anni 70…
In ogni caso, non mi stanco mai di ripetere ai miei studenti che la rete per crescere ha bisogno della loro sensibilità culturale, delle loro competenze di scrittura e soprattutto della loro creatività
A questo proposito racconto spesso la storia di come Tim Berners Lee cominciò a pensare alla struttura e al linguaggio del web (cfr. L’architettura del nuovo web, Milano, Feltrinelli, 2001): l’idea gli venne leggendo gli scritti di Ted Nelson, l’inventore del termine (e del concetto) di ipertesto – da cui Hypertext Markup Language. Ebbene, Nelson ha un BA in Filosofia e un Master in Sociologia… era un informatico autodidatta! Certo è una bella soddisfazione vedere questo mitico fisico del CERN rendere tributo a un fricchettone della Berkeley degli anni '60...
Infine, una domanda sulla scrittura creativa. Tu hai promosso il progetto Varianti Digitali, che analizza l’influenza del computer sui metodi di lavoro e il processo creativo degli scrittori. Secondo te cosa sta avvenendo nel mondo della narrativa? Conosci qualche esperimento riuscito di ipertesto narrativo o piuttosto Internet cambierà il nostro modo di rapportarci con la realtà e quindi di raccontare storie (sempre sulla carta)?
Varianti Digitali è nato nel 1996, quando i progetti di ricerca sulla scrittura elettronica erano pochi e i siti web a questi dedicati ancora meno. Oggi è in completa ristrutturazione, sono in arrivo nuovi testi (fra cui varianti di Fernando Savater) e la funzione di archivio ne risulterà arricchita.
Rimane vivo l’obiettivo originario: insegnare il processo di scrittura attraverso le varianti d’autore – in un certo senso dunque fondere le scienze cognitive con la filologia. Spero che esperimenti come VD contribuiscano a diffondere una nuova consapevolezza di che cosa sia possibile fare in rete con e per la scrittura, ma certo mi rendo conto dei suoi limiti. L’idea era ed è tutta dentro l’universo della scrittura novecentesca: decisamente il mondo dell’Hypernarrative è qualcosa di diverso.
Insieme ad altri colleghi che si sono occupati di questo tema (penso a Giulio Lughi, che ha pubblicato un saggio, Parole online, Milano, Guerini e Associati) discutiamo da anni se lo spazio digitale sia adatto a coltivare forme di narrativa. Lughi sostiene un’idea abbastanza condivisibile: mai come oggi tecnica e arte sono state così legate. Non è possibile concepire un’opera digitale senza conoscere gli strumenti e i loro linguaggi, le loro potenzialità e i loro limiti. Un romanziere non deve conoscere le tecniche di produzione della stampa, mentre un bravo artista digitale è anche un eccellente programmatore.
Come dicevo prima, la mia opinione è che il web sia uno strumento di comunicazione a sé, che genererà forme espressive peculiari. Credo naturalmente in una narrativa collettiva – una chat o i Lurker Files lo sono – e credo che narrare sia un’esigenza profonda dell’uomo, ma se la domanda è "quando leggeremo, guarderemo, ascolteremo sul web un’opera letteraria originale"? La risposta è semplice: mai. La letteratura è un fenomeno storico legato a precise circostanze sociali, economiche, tecnologiche. Il narrare no. Come ha scritto E. M. Forster in Aspects of the novel, una nuova forma di narrativa nascerà non quando cambieranno gli oggetti che ci circondano, ma quando saremo capaci di "vedere noi stessi in modo completamente nuovo".
Domenico Fiormonte è ricercatore in Linguistica generale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Roma Tre. E' stato consulente tecnico-scientifico della direzione di RAI Educational. Nel 1998 ha pubblicato insieme a Ferdinanda Cremascoli Il Manuale di scrittura e nel 2003 Scrittura e filologia nell'era digitale, entrambi presso Boringhieri.