Sul terreno dell’immaginario

un'intervista a Max Giovagnoli

Naturalmente, per dovere professionale, cerco di leggere tutto ciò che viene pubblicato di nuovo sulla scrittura e la comunicazione sul web, in Italia e all'estero. Ma non sempre riesco a imparare qualcosa di nuovo.
Non è stato questo il caso con "Scrivere per il web" di Max Giovagnoli (Dino Audino Editore, 9,50 euro): un libretto piccolo e molto spartano, ma denso, con un ottimo rapporto qualità-prezzo, che mi hanno subito ben disposta verso autore ed editore.
Vi ho trovato dentro molte idee nuove, molto coraggio nel percorrere strade ancora poco battute, un'esperienza e un background molto diversi dai miei.
Ce n'era abbastanza per intervistare l'autore, Max Giovagnoli. Per soddisfare tutte le mie curiosità, e - mi auguro - anche le vostre.



Max, il tuo è un libro molto concreto e direi che mi è piaciuto soprattutto per questo. Eppure la parola "immaginario" ricorre come un leit motiv lungo tutto il libro... ce la vuoi spiegare?

In effetti "immaginario" è una parola pressoché inedita nei libri dedicati alla scrittura per internet in Italia. E invece imparare a declinare l’immaginario di un sito è un’operazione fondamentale per chiunque voglia fare del web writing un lavoro, oltre che una passione.
Puntare dritto sull’immaginazione di chi legge – e magari contemporaneamente ascolta, esplora, vede, gioca… – è un’azione decisiva per fidelizzare un pubblico invisibile come quello della Rete.
Nel mondo accademico il primo a parlarne fu Roland Barthes, nei suoi studi sul linguaggio audiovisivo, ma molte delle sue osservazioni valgono ancora di più per il multitasking internettiano di oggi.
Certo, per trasformare lo schermo di un computer in un suggestivo "pozzo dei desideri" ci vuole un faticoso lavoro di immedesimazione e di superamento di sé, soprattutto all’inizio, ma per uno scrittore giovane saper trovare la chiave giusta (il cosiddetto pidgin) per comunicare con il suo singolo utente è davvero un’ancora di salvezza decisiva, in certe situazioni.

Uno dei primi capitoli del tuo libro si intitola "Niente umanisti del terzo millennio". Allora quali sono a tuo parere le competenze necessarie a un buon web writer?

Capovolgiamo la domanda, ti va?
Uno scrittore sa inserire nel tool editoriale i testi che ha scritto, "uplodare" gli ultimi file mp3 consegnati in redazione dal consulente musicale, realizzare flow-chart degne del più esperto campione di videogame e gestire tranquillamente i 200 componenti del newsgroup affiliato al suo sito senza far salire pericolosamente la temperatura al suo interno.
Eppure il "messaggio" fondamentale che voleva comunicare stenta ad "affermarsi" nel pubblico. Che fa? Eppure è un umanista informatico perfetto, "smanetta" con disinvoltura tra i nuovi "codici" della Rete, e ha trasformato la sua produzione in una macchina editoriale perfetta!
Ecco un ottimo esempio di utilità dell’uso dell’immaginario. Una metafora arguta, un personaggio che parla dal passato, una micro-tribù culturale utilizzata come spin-off per la community che sta cercando di fidelizzare, un'immagine o un breve montaggio di diapositive da affiancare al testo in modo suggestivo…
La prima cosa che si impara lavorando nella Rete è tutto il contrario di quel vecchio comandamento che insegnano agli astronauti a Houston, per cui a un problema corrisponde sempre un’unica soluzione ottimale. Nel web è tutto il contrario. Più risorse hai nel tuo magazzino mentale, più punti di vista riesci a orchestrare. E una persona capace di risolvere problemi è la cosa più preziosa in un team redazionale, come sanno tutti gli addetti ai lavori, i committenti e da qualche tempo a questa parte anche il pubblico, che diventa sempre più esigente.

Io lavoro e scrivo su internet in una dimensione piuttosto artigianale, sia per il MdS, sia in azienda. Tu hai fatto esperienze molto diverse, hai lavorato anche in grandi redazioni: cosa vuol dire lavorare in una dimensione più "industriale"?

Ti faccio qualche esempio personale, per essere più preciso.
Il mio primo lavoro nel web fu come recensore di siti dedicati alla letteratura italiana nel mondo: turni da sei ore in una biblioteca universitaria, ben pagato, libero di farlo nei ritagli di tempo.
Poi ho fatto il giornalista per delle webzine: niente orari, articoli immessi nel tool editoriale comodamente da casa, stipendio (se di stipendi si può parlare nel web) da fame.
Terzo lavoro, autore di programmi per una web-tv. Reperibilità anche nel weekend, un sacco di problemi da risolvere (leggi "tanto da imparare in poco tempo"), in cambio la partecipazione economica sui ricavi pubblicitari dei programmi prodotti.
Quarto: caporedattore del sito ufficiale del Grande Fratello. Turni "h24", una "notte" ogni quattro giorni, ottimo stipendio e vita privata congelata per cento giorni (più dei ragazzi chiusi dentro la Casa).
Alla luce di queste e altre esperienze, credo che nel caso di internet si possa parlare di "scrittura industriale" unicamente per le agenzie giornalistiche online e le produzioni para-televisive. E non a caso in tutte e due le realtà la prima cosa che impari è proprio l’importanza della declinazione dell’immaginario attraverso i contenuti dei testi. Vale a dire: dove non arriva la notizia, ti spingi tu creandole un immaginario intorno o - nel caso giornalistico - un fitto corredo di informazioni da cui potranno attingere gli altri "addetti ai lavori" che attingeranno da te.

Quali consigli concreti daresti a chi comincia? Come muoversi?

Esercitarsi in tutto, software d’impaginazione e manipolazione fotografica in testa. Riempire di domande tutti gli internauti incalliti che si conoscono. Schedare siti ragionando sui loro punti di forza e di debolezza. Navigare il più possibile, anche alla rinfusa. Lavorare anche senza essere pagati, finché uno se lo può permettere.
Nel "medio periodo" queste operazioni sono molto più utili del tempo trascorso a spedire curricula o a iscriversi a fangosi motori di scouting online.

Mi piace molto la tua idea del web come luogo di "tutte le scritture possibili". Quali sono le scritture e i modelli che più ci possono aiutare sul web e per conseguire quali obiettivi?

Sceneggiatura, fumetto, copywriting pubblicitario, reportage, satira… tutti i registri utili per provocare consenso ed emozioni nel proprio pubblico sono automaticamente bene accetti.
Per questo è importante esercitarsi molto, anche nei momenti di calma piatta tra un progetto e l’altro. Con umiltà.

Tu citi moltissimo la televisione, a partire da una delle frasi iniziali: "il web si legge come un libro, ma si guarda come la televisione".
Eppure molti di noi - io compresa - sono molto diffidenti verso la contaminazione tra web e tv. Forse perché abbiamo paura dell'invasione del modello passivo della tv... allora com'è la web-tv che tu ti auspichi?

La premessa di questa risposta è che la web-tv esiste già, e anzi che anche la web-tv di domani esiste già, nella Rete. Dove ci sono i soldi e le tecnologie in grado di permetterle di raggiungere il pubblico, certo.
Mi spiego meglio. Un conto è interrogarsi sulla web-tv di oggi abitando in Afghanistan o nella Repubblica Cinese, un altro farlo dal Giappone o dagli Stati Uniti.
Comunque il medium c’è, le emittenti e i programmi pure e "non ci azzeccano niente" con quelli televisivi, per cui è ormai inutile averne paura (anche in termini di contenuti).
Soprattutto ci sono un sacco di spazi già adesso per chi vuole riempire i piccoli – anche troppo – e lenti – ancora per poco – schermi audiovisivi della televisione via internet.
Attualmente esistono circa una sessantina di web-tv solo in Italia. Per chi inizia a scrivere o anche a fare sceneggiatura adesso, si tratta di un'opportunità molto interessante e qualificante. Poco pagata, in alcuni casi. Ma molto formativa.

L'ultimo capitolo del libro è dedicato alla fiction sul web. Anche qui si apre un nuovo campo di attività per gli autori?

Se mi chiedessi una previsione oggi, direi che tra due anni la palestra migliore per i giovani autori dell’audiovisivo sarà anche da noi proprio il web.
I costi e i tempi di internet come personal medium avranno presto bisogno di milioni di ore di contenuti a basso costo e di progetti NATI PER IL WEB, e non riciclati da "fegatelli" televisivi o radiofonici.
Nell’ambiente ci sono "rumori" molto significativi in questo senso, per quanto ancora clandestini. E basta pensare a quanto internet sta facendo già oggi per il giornalismo di guerra, o per la promozione cinematografica o persino alberghiera nel mondo, per intuire quali saranno presto le dimensioni del mercato anche nel caso della fiction.
Un consiglio ai nuovi autori? Affinare il proprio inglese e inventare progetti che valichino i confini nazionali, per non ridurre automaticamente il loro pubblico a circa il 10 per cento di quello potenziale.


Giornalista new media (Mediajob) e web editor, consulente editoriale per progetti multimediali e saggista, Max Giovagnoli è autore di Scrivere il Web (Dino Audino Editore) e sta lavorando a un nuovo libro sul web writing creativo.
Dottorando di ricerca in discipline letterarie presso l’Università di Siena, è Responsabile Scritture di Bluchannel TV e partecipa come consulente e caporedattore a progetti cross media a Roma, dove vive.