Made to stick: perché certe idee sopravvivono e altre muoiono

Made to stick, dei fratelli Chip e Dan Heath, è stato uno dei grandi successi editoriali del 2007 nel campo della comunicazione e del marketing. Sottotitolo: “Perché alcune idee sopravvivono e altre muoiono”.
Le idee vincenti devono avere alcune caratteristiche, che hanno a che fare soprattutto con il loro modo di comunicarle. Le caratteristiche sono sei e in inglese le loro iniziali formano la parola SUCCES. In italiano, il gioco non regge più, ma la sostanza sì.

Dei due giovani autori, uno è professore di comportamento organizzativo all'università di Stanford, l'altro ha fondato una delle aziende più innovative di libri di testi formativi.

I tantissimi casi, esempi e racconti sono la vera sostanza del libro, dalle grandi aziende ai presidenti USA, da piccole realtà a persone comuni, come infermiere o insegnanti dalle fulminanti intuizioni.
Per questo è un bel libro di comunicazione utile a tutti, non solo a chi scrive. Ed è la migliore dimostrazione di quello che insegna: le sei caratteristiche di un messaggio efficace - semplicità, sorpresa, concretezza, credibilità, emozione, storie -, ci sono tutte.
I racconti vanno ascoltati dalla viva voce (anche scritta, come in questo caso) di chi li racconta, ma quello che io ho tratto dalla lettura del libro, i miei appunti insomma, li condivido volentieri.

Ecco quindi i sei elementi chiave per messaggi molto sticky, che si appiccichino bene addosso a chi li riceverà per non lasciarlo più.



SEMPLICITA'

Più di tot informazioni alla volta non riusciamo a elaborare, tantomeno a ricordare (è noto che più scelte abbiamo, più ci è difficile scegliere). È per questo che tutti i messaggi vincenti, dagli antichi proverbi ai payoff pubblicitari di oggi, sono semplici.
“Semplici” non vuol dire necessariamente brevi o poveri di informazioni, piuttosto selettivi e concentrati.

Selettivi, perché puntano non su mille vantaggi, ma su uno solo, quello che si immagina più importante per l'interlocutore. Compito difficilissimo, questo di andare all'essenza di un messaggio, soprattutto per chi il tema, il prodotto, il servizio, la politica, li conosce a fondo.
Entra qui infatti in gioco la Maledizione della Conoscenza: quando sappiamo troppo sembra impossibile riuscire a metterci nei panni di chi al contrario non sa nulla, condizione però indispensabile per elaborare e scrivere un messaggio che arrivi, resti, cambi un'opinione, convinca all'azione. Condizione più facile da raggiungere se invece del cosa ci domandiamo il perché di un'azione o di una scelta che chiediamo ai nostri interlocutori.

Concentrati, perché un testo può essere anche molto breve in superficie, ma molto profondo per ciò che fa immaginare ed evoca. I proverbi sono semplici e brevi, ma anche enciclopedie compatte di saggezza, guide nelle decisioni e nelle azioni della vita. Le loro immagini sono così universali che le ritroviamo pressoché identiche in tutte le culture, anche lontanissime.

Per chi scrive, uno dei modi classici per andare all'essenza è quello di adottare il modello della piramide rovesciata: prima la notizia, l'idea più importante, poi via via verso i dettagli e il contesto. Modello ottimo, che però va interpretato dalla parte di chi leggerà, non da quello della “realtà oggettiva”, dei fatti incontrovertibili.
La raccomandazione dei caporedattori anglosassoni “Don't bury the lead”, non allontanarti dal fatto più importante, può anche voler dire introdurre subito una domanda cruciale, creare aspettativa attraverso un dettaglio, capire quale è la rilevanza della notizia non dal punto di vista del giornalista, ma da quella del lettore (non “Per domani il servizio meteorologico ha previsto una terribile bufera di neve sul paese di Paesello e circondario, che prevedibilmente porterà a una chiusura delle scuole e delle strade principali”, ma “Quasi sicuramente domani le scuole e le principali strade che collegano Paesello con il circondario saranno chiuse per la bufera di neve prevista dal servizio meteorologico”). La migliore applicazione della piramide rovesciata è la scoperta di un punto di vista.

Un messaggio semplice è anche un messaggio che usa come punto di partenza uno schema noto e familiare, per esempio un'analogia, per sovrapporvi uno strato di maggiore astrazione e complessità (“un pomelo è il frutto più grande della famiglia degli agrumi” oppure “un pomelo è praticamente un super-pompelmo”?).



SORPRESA

“Se potessi richiamare la vostra attenzione solo per qualche momento, sono sicura che apprezzereste le caratteristiche di sicurezza di questo aereo. Se non siete saliti su una macchina dal lontano 1965, vi dirò che il modo migliore per allacciare la cintura è infilare la linguetta nella fibbia. Per slacciare, tirate su la fibbia.
Come dice la canzone, avete cinquanta modi per lasciare il vostro fidanzato, ma ne avete solo sei per lasciare questo aereo: due porte davanti, due finestre rimovibili sulle ali e altre due porte dietro.
Riconoscerete le uscite dalle insegne luminose: seguite le luci bianche e rosse da discoteca sul pavimento del corridoio."


La hostess che ha così giocato con l'annuncio sulle “caratteristiche di sicurezza di questo aereo” è riuscita sicuramente a farsi ascoltare, perché ha “rotto lo schema”.
Schemi cui ci adattiamo così facilmente, ma ai cui cambiamenti siamo terribilmente sensibili. Basta cambiare qualcosa nel già noto per farci alzare le antenne.

Cosa che succede per tutti i testi e i messaggi-schema: gli annunci in aereo, i saluti formali, gli auguri… la sorpresa genera automaticamente attenzione. Quindi, alla larga dal senso comune, sia dal punto di vista dei contenuti, sia da quelli della struttura e del lessico. Il senso comune e il già sentito si saltano a pie' pari, scivolano da un orecchio all'altro.

Se la sorpresa suscita attenzione, per mantenerla ci vogliono l'interesse e la curiosità di chi ci ascolta o ci legge. Due cose che si tengono ben deste quando l'interlocutore capisce di avere dei vuoti di conoscenza da colmare.
Piccoli, come in una soap opera o in giornale di gossip, grandi come il mistero degli anelli intorno a Saturno. Anelli che un divulgatore scientifico può raccontare con lo stesso meccanismo narrativo di un giallo, suscitando domande che tengono il lettore o l'ascoltatore incollato.

Per creare sorpresa e svegliare l'interesse, dobbiamo trasformare la domanda “Quali informazioni devo trasmettere?” in “Quali domande devo suscitare?”



CONCRETEZZA

“Una radio che deve stare in una tasca.”
Con questa immagine, nei primi anni cinquanta, quando le radio nelle case erano ancora dei pezzi di arredamento come i tavoli e i divani, il giovane capo di una piccola azienda giapponese chiamata Sony, riuscì a galvanizzare una piccola squadra di progettisti fino alla produzione della prima radiolina a transistor, un'impresa cui non credevano nemmeno i grandi Bell Labs, che i transistor li avevano inventati.

“Prima della fine di questo decennio riusciremo a portare un uomo sulla luna, e a riportarlo indietro sulla terra."
Con questa immagine nel 1961 JFK concluse un suo famoso discorso e galvanizzò un paese sull'obiettivo della conquista dello spazio, cosa che avvenne appunto prima della fine del decennio, nel 1969.

Due immagini semplici e concretissime, cose ambiziosissime che però sono alla portata dell'immaginazione.
Immagini di oggi.
Parole che arrivano da lontanissimo, ma trasmettono immagini che parlavano agli uomini di 2.500 anni fa e agli uomini di oggi: le Favole di Esopo, con le loro volpi, uva, lupi, cicale e formiche.

Gli esempi concreti e il lessico quotidiano aiutano tutti, non solo gli scrittori dell'antichità, i grandi manager e i presidenti degli Stati Uniti.
Più ci rivolgiamo a chi è completamente digiuno di un tema, più abbiamo bisogno di convincere, di portare l'interlocutore dalla nostra parte, più dovremmo rinunciare alle buzzword, ai gerghi, all'astrazione e avvicinarci invece all'esperienza comune.

L'astrazione è il lusso degli esperti, ma uccide sul nascere ogni interesse in chi ne sa di meno.
Una grande astrofisica come Margherita Hack lo sa perfettamente. Non dimenticherò mai la sua conferenza sotto il cielo stellato di una calda notte romana in cui rispondeva alla domanda “Che cos'è l'astrofisica?” davanti a un pubblico di migliaia di persone, grandi e piccole. Per spiegare l'espansione dell'universo cominciò a raccontare: “Avete presente quando si prepara un dolce con l'uvetta dentro? Si impasta, si impasta, e appena comincia a lievitare i chicchi di uvetta si allontanano l'uno dall'altro. E' quello che accade nell'universo dopo il big bang, astri e pianeti si allontanano l'uno dall'altro.”

Gli esempi concreti si ricordano con più facilità e la memoria funziona come l'effetto velcro: più gancetti afferriamo, più salda sarà la presa. Parole e cose concrete sono gancetti in più, anche in contesti teorici.
”Una radio con transistor al suo interno” o “Una radio che sta in una tasca?”

E avete notato che alle storie che si tramandano, siano leggende antiche o leggende metropolitane, vengono aggiunti sempre nuovi e inediti particolari?

Più parliamo ad esperti, più possiamo permetterci l'astrazione. Ma se esperti e non esperti devono parlarsi tra loro, allora la concretezza rimane un'ottima piattaforma di collaborazione e un ottimo terreno di intesa per tutti.



CREDIBILITA'

Naturalmente un messaggio può essere semplice, sorprendente e concreto, ma per funzionare deve essere credibile.
Credibilità che può avere molte fonti diverse, a parte la scontata autorità da parte di un famoso testimonial, cosa che solo le grandissime aziende possono permettersi:

  • la credibilità di un'antiautorità: in una campagna antifumo, un fumatore incallito che ha smesso invece di un grande medico)
  • la credibilità intrinseca, fatta di una estrema ricchezza di dettagli, di descrizioni concrete e potenti, di grande vividezza, che fanno “vedere” un prodotto, mettono il risultato di una politica, di una scelta, direttamente sotto lo sguardo di chi legge o ascolta
  • la credibilità delle statistiche e dei numeri, che però non vanno mai sciorinati nel loro valore assoluto, ma utilizzati per creare relazioni, confronti, stimoli a pensare, contestualizzati nella vita quotidiana delle persone, più che come puntelli per la propria tesi (gli attacchi degli squali fanno notizia, ma è 300 volte più probabile morire perché la nostra macchina si scontra con un cervo – cioè con un povero Bambi – che essere attaccato da uno squalo)
  • la credibilità del “provare per credere”, quella che fa appello alla capacità di verifica di una “persona come me”, sempre più diffusa con le “conversazioni” in rete.

Ma ben prima della rete, Ronald Reagan riuscì a sbaragliare Jimmy Carter chiedendo agli americani semplicemente “State meglio oggi o quattro anni fa?”



EMOZIONI

Senza emozioni, non c'è azione. E per elaborare e scrivere messaggi che smuovono bisogna togliersi dalla testa il “cappello analitico”, distogliere l'attenzione dal cervello e puntare al cuore.

Per quanto sembri strano, è difficile suscitare emozioni con le grandi teorie, i grandi numeri, anche quelli più impressionanti. È quello che gli autori di Made to Stick chiamano l'effetto “Madre Teresa”, la quale ripeteva spesso: “Se guardo la massa, non farò mai niente. Se guardo al singolo, mi metto in azione.”
Ed è il motivo per il quale possiamo leggere tutti i più dettagliati e attendibili rapporti sulla fame nel mondo, ma muoverci davvero solo quando ci raccontano la storia di un unico bambino e del piccolo ma concreto aiuto che possiamo dare.

Una lezione di cui tutte le associazioni no-profit hanno fatto tesoro, allontanandosi dagli studi, le statistiche, persino i famosi testimonial, per affidarsi piuttosto ai diari dei volontari e al racconto dei loro operatori, facendoci concretamente vedere sul web un progetto realizzato, o toccare con mano l'unico contatto con il mondo per un bambino sordocieco. Da persona a persona.

Naturalmente si suscitano emozioni anche facendo appello all'interesse del singolo o del suo gruppo di appartenenza. Interessi non necessariamente egoistici e di parte, ma anche interessi alti, nella sfera dei bisogni affettivi e spirituali.

Dei bisogni della famosa Piramide di Maslow, che li considera in rigoroso ordine gerarchico, i due autori di Made to stick, ci invitano a considerarli tutti insieme, come un insieme simultaneo. I bisogni di autorealizzazione e di libertà possono andare di pari passo con quelli più materiali.



Altro grande suscitatore di emozioni è il senso di identità, quello sul quale ha giocato l'agenzia pubblicitaria che ha realizzato la campagna di spot antirifiuti per lo stato del Texas. Come convincere il texano guidatore di pick-up a non buttare fuori dal finestrino qualsiasi cosa? Facendo appello alla sua texaneria e al suo linguaggio: “Non incasinare il Texas” è più o meno la traduzione italiana del payoff della campagna.



STORIE

Tutti i punti precedenti si trovano concentrati nella forma espressiva più antica ed efficace, la storia, il racconto.

Se una storia ci resta dentro meglio e più a lungo di un documentatissimo saggio o di una serie di istruzioni è perché leggere o ascoltare una storia, come ognuno di noi sa fin da piccolo, significa viverla dentro di noi anche a livello sensoriale ed emozionale.
Viverla, simularla dentro di noi, non è come agirla direttamente, ma è quanto di più vicino ci possa essere. Per questo le storie sono così efficaci per spingere all'azione.

Qualche volta è meglio la storia di un problema risolto, con i perché e la creatività del singolo che una serie di passi da compiere.
Meglio il racconto di chi è riuscito a perdere 100 chili di una brochure sul metodo della dieta rivoluzionaria.
Meglio la storia di una persona del suo curriculum professionale.

O meglio, meglio queste cose insieme, in un dosaggio e in un equilibrio che ogni volta va ricercato, aggiustato, ristabilito.

Perché le storie ovviamente non sostituiscono le altre forme comunicative ed espressive, ma sono quanto spesso può dare loro calore, compattezza, credibilità, emozione e sostanza.
Sono anche quelle che in certi ambienti e in certe culture vengono più snobbate per il loro appartenere alla cultura popolare, alla sfera personale e soggettiva.

Eppure, sono anche il materiale che più ci circonda. Non è necessario essere un grande creativo per inventare una grande storia. Le storie sono sotto i nostri occhi, continuamente. Nei discorsi che facciamo, nei racconti che ascoltiamo, sulla stampa, alla televisione, sui blog.
Basta tirare su le antenne e mettersi in ascolto.

Il sito del libro Made to stick.