Partiamo dai dipendenti per arrivare alle persone
di Giacomo Mason
[Il mondo delle intranet è tra i più misteriosi e da tempo volevo proporvi un case study concreto. Finché non mi sono resa conto che uno bellissimo lo avevo in casa, o meglio, tra i miei vicini di casa, dentro il gruppo Telecom Italia.
L'intranet di Wireline, la divisione responsabile della rete fissa di Telecom Italia, è anche un po' la mia. Non perché ci lavori, ma perché la frequento tutti i giorni.
Il suo content manager, Giacomo Mason, ha scritto per noi molto più di un case study. È il diario/saggio/racconto di una esperienza professionale piuttosto straordinaria.
Grazie, Giacomo!
Luisa]
Un laboratorio permanente
Tanti contenuti, un unico stile
L'illusione progettuale
Apertura e flessibilità
Il Tao della intranet
Quando intranet diventa internet
La redazione: piccolo è bello
I content provider sono oro
Le regole di una buona redazione
Il nostro stile di scrittura
I temi che "tirano" di più
Rompere le barriere, allargare i confini
La newsletter settimanale per arrivare a tutti
Un laboratorio permanente
L'intranet di Domestic Wireline ha dei numeri, direi, impressionanti: l'utenza target è di circa 54.000 persone, tutta la popolazione operante nella telefonia fissa di Telecom Italia.
Questo significa rivolgersi a moltissime famiglie professionali contemporaneamente: marketing, vendite, customer care, rete... e in Telecom Italia ogni "fetta" è fatta da migliaia di persone, per di più su tutto il territorio nazionale. Inoltre la intranet è "aperta" a tutto il personale del Gruppo: in totale sono circa 100.000 visitatori potenziali.
Aggiungo che sono visitatori molto disomogenei tra loro quanto a dotazioni hardware e software, abitudini di navigazione, apertura culturale verso le nuove tecnologie, vincoli tecnologici e organizzativi. Per non parlare delle esigenze.
È ovvio che questi numeri e queste caratteristiche fanno dell'intranet un laboratorio permanente, in continua evoluzione: credo che non passi giorno senza che si debba inventare qualcosa, senza che ci sia un nuovo problema cui non avevamo pensato, una nuova soluzione da escogitare.
Tanti contenuti, un unico stile
La scommessa è unire la grande eterogeneità dei contenuti sotto un unico cappello, sia stilistico sia, soprattutto, di approccio: gli utenti non sono mai destinatari passivi.
Ogni cosa è pensata e pubblicata per stimolare il loro intervento, la loro partecipazione a un dibattito permanente. Se pubblico una notizia sul telelavoro in azienda chiedo ai visitatori di darmi un loro parere, e lo pubblico; se inserisco della documentazione di lavoro chiedo alle persone di segnalarmi aggiunte o variazioni. Se fornisco software da scaricare fornisco anche form di segnalazione delle esigenze. Se è possibile accontentarli, la settimana successiva troveranno il software in linea.
È così per tutto. È un dialogo permanente.
L’illusione progettuale
Quando siamo partiti avevamo solo un paio di idee "forti", concentrate più che altro sui servizi e la community, sul fare parlare centro e periferia, sul fare partecipare tutti. Più che idee erano schemi di lavoro, abbozzi progettuali: le altre idee, gli altri contenuti, si sono aggiunti man mano che procedevamo.
Non potevamo chiarire a noi stessi tutti i dettagli: avremmo allungato a dismisura i tempi progettuali, ma soprattutto avremmo commesso un errore, se così posso dire, "epistemologico": non si può pensare di dominare verticalmente una massa così vasta di approcci, esigenze, dati, famiglie professionali.
Qualcosa, magari anche qualcosa di essenziale, sfuggirà sempre, che siano notizie, servizi utili, esigenze.
Ma il problema non è mai questo: nella mia esperienza professionale ho visto molti progetti partire con documentazioni chilometriche e arenarsi prima ancora di arrivare alla "fase 1" perché nel frattempo lo scenario era cambiato.
Documenti-fiume di 50 pagine che prevedevano tutto, ma proprio tutto, diagrammi a blocchi, schemi redazionali, tassonomie di contenuti precise fino alla virgola, mappature, compiti, ruoli, profili ... e alla fine era troppo tardi.
Apertura e flessibilità
Il segreto è che non importa quanto sei preciso "prima", ma quanto sei aperto e flessibile "dopo".
Approccio aperto per me significa: "La intranet è tua!: troverai innanzitutto contenuti che hai messo tu, (opportunamente "trattati" dalla redazione, ovviamente). Vuoi collaborare? Prego. Hai delle idee? Va bene. Vuoi mandare un contributo e vederlo online immediatamente? Ti do lo spazio per farlo".
La intranet sei tu che ci partecipi.
Per fare questo è necessario, fin da subito, lavorare su "più tavoli" e avere un contatto costante con più interlocutori possibili, a diversi livelli aziendali. Lavorare come un "rabdomante" cercando alleati in tutte le funzioni aziendali, nei piccoli settori, nei territori periferici, tra le persone che si conoscono.
E soprattutto abbassare fin da subito la "soglia di partecipazione": non ci siamo "noi" della redazione e "voi" visitatori: siamo colleghi, vogliamo comunicare, ci stiamo costruendo un vestito "su misura" per farlo.
Approccio flessibile invece significa non dover dire mai: "Non posso farlo perché il layout non lo permette".
E significa anche grande attenzione ai segnali deboli: a volte bastano un paio di mail di visitatori per costringerci a rivedere tutto. Allora diciamo: "A questo non avevamo pensato: aggiungiamo questo, oppure togliamo quello".
La flessibilità è importantissima, ma bisogna essersi preparati prima per consentirla.
Il Tao della Intranet
Ripeto, oltre una certa soglia di complessità non è questione di "dominare" i contenuti, ma di "governarli", ed è una differenza importantissima: si governa sapendo più o meno qual è la direzione e favorendo i fenomeni che vanno in quella direzione, senza avere la pretesa di “possederli” completamente. È la differenza tra un approccio analitico, sequenziale, fisico, occidentale, aristotelico, e uno sintetico, sistemico, biologico, orientale, buddista.
È una barca che si cerca di indirizzare in una direzione, ma sottoposta a moltissime sollecitazioni, sia interne che esterne: a volte sembra che vada per conto suo, o che si vada nella direzione opposta, ma è l’unica maniera per non arenarsi: alla fine invece si trova un equilibrio che soddisfa tutti.
Quando intranet diventa internet
Il tempo ci ha premiati: oggi abbiamo 1 milione e mezzo di pagine viste al mese, 30.000 accessi e circa 13.000 visitatori singoli al giorno, tutti guadagnati "uno a uno", con un lavoro certosino di conquista dei nostri utenti.
Da questo punto di vista il lavoro è molto simile al lancio di un sito internet: necessità di una strategia di marketing, forme di accreditamento verso gli utenti per conquistare la loro fiducia, competizione con siti concorrenti, conquista di visibilità, approccio one-to-one, ecc.
In un'azienda così grande l'ambiente, anche in rete, è sempre turbolento e ci sono mille problemi molto simili a internet: tanti siti e sitarelli, tanti browser e hardware diversi, diverse culture tecnologiche, diverse "tribù".
Accontentare tutti non è facile.
Ma sono convinto, con un po' di presunzione, che stiamo facendo un buon lavoro, unico in Italia, credo, quanto a numeri e dimensioni.
Il nostro motto è "piccolo è bello". Poche persone, ma molto preparate nel loro mestiere, con uno skill professionale in grado di affrontare molteplici problemi nel tempo.
Se si segmentano troppo i profili o, peggio, si delega a forme più o meno accentuate di outsourcing parte delle attività, si rischia di perdere la flessibilità di cui parlavo prima. Bisogna trovare un equilibrio.
C’è un direttore, che ci dà le strategie di massima (anche queste, come dicevo, tendono a modificarsi nel tempo), tiene i contatti ad alto livello e fa da "community manager".
C’è un content manager, che sarei io, che individua le priorità di pubblicazione, individua i contenuti o i temi, stabilisce i contatti con i content provider, si accorda sul materiale da pubblicare, dà le scadenze. Nel mio caso ricopro anche il ruolo di editor, ovvero scrivo parte dei testi e soprattutto tratto il materiale rendendolo "pubblicabile" in coerenza con le policy redazionali.
C’è un grafico che sviluppa di volta in volta le soluzioni grafiche necessarie, costruisce le pagine, trova e ottimizza le immagini, gestisce in toto gli aspetti di vero e proprio publishing.
Ci sono poi alcuni sviluppatori "in prestito" per necessità particolari (più che altro lavori sui data base) e alcuni redattori "a singhiozzo" (nel senso che in azienda si occupano anche di altre attività).
Ma soprattutto c’è una schiera molto vasta e flessibile di collaboratori esterni (content provider): sono loro il "cuore" della intranet, i nostri sensori. Sono ovviamente sparsi tra le diverse linee funzionali e selezionati in base alle specifiche competenze nelle rispettive materie. Più sono specializzati meglio è.
Il lavoro sui content provider è sicuramente il più difficile e delicato: occorrono mesi per stabilire contatti "di qualità" e dare avvio ad un lavoro proficuo e continuativo. Una buona rete di content provider è sicuramente un fattore indispensabile per il successo del progetto, e bisogna dedicare molto tempo a questa fase.
Generalmente si lavora su standard editoriali predefiniti: se c’è una semplice notizia io, o uno degli altri redattori, raccogliamo il materiale, lo "trattiamo", creiamo titoli e strilli e passiamo il tutto alla grafica per l’impaginazione. La grafica monta le pagine e trova le immagini appropriate per corredare la notizia.
Se è necessario dello sviluppo software (per esempio se è necessario un data base correlato alla notizia) ci accordiamo con gli sviluppatori, e parallelamente ai testi viene sviluppato il codice, tempi di lavoro permettendo.
Le regole di una buona redazione
La regola numero uno: la intranet è guidata dai contenuti.
Non dalla tecnologia. Non dalla grafica. Non dall’organizzazione. Questi sono elementi che vengono dopo e si dispongono intorno ai contenuti. È un processo faticoso, quasi un partire "dalla fine", ma è proprio questo che permette di venire incontro alle esigenze di tutti.
Le altre regole:
- Mai dire di no. Mediare, piuttosto, ma non chiudere mai nessuna porta.
- Specializzarsi su un segmento di attività, ma conoscere pressappoco cosa viene prima e dopo. I confini troppo netti bloccano l’attività.
- Lavorare sempre in ottica cliente, rispettando il più possibile i suoi tempi e le sue esigenze.
- Fare un editing serrato dei contenuti. Quello che arriva in redazione a volte è letteralmente impresentabile. Non avere paura di modificare massicciamente il materiale.
- Repertorio iconografico impeccabile: una buona immagine eleva del 50% il testo.
- Lavorare sull'entusiasmo e la passione dei content provider.
- Dare sempre un nome e un cognome ad articoli, progetti, idee, contributi.
- Non avere paura di sperimentare soluzioni nuove.
Il nostro stile di scrittura
Il principio base è il classico principio piramidale: dall’estrema sintesi di titoli, strilli e titoletti al corpo del testo con notizie più dettagliate, lasciando agli allegati, che sempre cerchiamo di inserire, il compito di approfondire nel dettaglio o di fornire elementi di analisi e studio. Cerchiamo di non derogare mai da questo principio, che è fondamentale per una fruizione agevole. Diversi piani di lettura "autoportanti" per diversi tipi di utenti.
Un altro lavoro necessario e costante è sulla terminologia: il linguaggio "aziendalese" a volte è terrificante e mi capita spesso di dover sostituire intere frasi scritte in perfetto italiano e in assoluta buona fede ma totalmente inadeguate.
Si passa da: "l’iniziativa si è dimostrata proficua sotto il profilo delle adesioni" a "un successo".
Il più delle volte i responsabili degli articoli ci ringraziano per questa opera di semplificazione a cui, come cultura aziendale di appartenenza, non sono abituati.
Cerchiamo di evitare il più possibile l’utilizzo di terminologie da marketing. Aboliti i punti esclamativi e il linguaggio pubblicitario, se non quando strettamente necessari.
L’idea è di non "girarci intorno": se dobbiamo fare sapere qualcosa lo mettiamo nelle prime righe. Cerchiamo, anche nel linguaggio, di manifestare una certa "onestà", un patto chiaro con i nostri utenti: qui troverete questo e questo, potete scaricare il video, spedire un commento. Punto.
Partiamo dall’idea che siamo tutti colleghi, che siamo tutti navigatori e sappiamo quello che ci piace trovare in un sito.
Ci concediamo qualche "lusso" negli aspetti che riguardano il contatto diretto con gli utenti (forum, form, bacheche, campagne...). In questo caso utilizziamo un linguaggio più diretto, uno stile più ironico, abbondano domande sospese, tipo "Quante volte vi siete chiesti…?". O artifici retorici "più veloci di Google, più simpatici di Clarence, sono arrivati...".
I puntini di sospensione ci hanno salvato da molte situazioni imbarazzanti…
Cerchiamo un contatto diretto, caldo senza esagerare… Non sempre ci riusciamo ma questa è la tendenza.
I temi che "tirano" di più
Anche noi abbiamo la nostra "killer application": la bacheca annunci.
L’idea è molto semplice: siamo decine di migliaia, usiamo questi numeri per creare una bacheca virtuale.
L’idea è piaciuta e ha fatto, come si dice, "massa critica": ogni giorno, ogni ora, sono decine i messaggi che vengono postati dalle persone. Anche qui vale il principio di "apertura": i contenuti li mettete voi, noi vi diamo solo l’occasione.
Un altro elemento di successo è l’organigramma navigabile con tanto di fotografie dei responsabili: sembra semplice ma in un'azienda come la nostra significa gestire quasi 1.000 nominativi e centinaia di strutture, sottostrutture, posizioni. Ma le persone hanno trovato uno strumento di lavoro utile e gradevole. E unico.
Ovviamente altri temi caldi sono l’organizzazione aziendale, le novità dalle Risorse Umane, le campagne pubblicitarie, i – purtroppo ancora rari – tool di autoformazione.
Molto importante è la documentazione: se si parla di un progetto organizzativo o dei risultati del semestre, la documentazione da scaricare è importantissima per completare la notizia.
E ovviamente le utility. In un’azienda grande come la nostra il concetto di utility assume un significato un po’ particolare: anche raccogliere in un’unica pagina tutti i numeri di centralino delle diverse sedi è un’utility: tutto ciò che raggruppa in un unico punto diverse fonti di informazione è un’utility apprezzata.
Poi ci sono i contenuti specifici delle diverse famiglie professionali. C'è una frase di J. Nielsen che mi ha sempre accompagnato nel mio lavoro: "In una intranet non bisogna riprodurre, nella divisione dei contenuti, l'organigramma aziendale!".
Questa massima lapidaria mi ha letteralmente ossessionato e per un anno e mezzo ho sempre cercato di seguirla alla lettera: ovviamente alla fine ho capito che, come tutte le massime, vale fino a un certo punto.
È una questione di equilibrio: con una intranet di più di 50.000 persone non puoi evitare di "tagliare" i contenuti sulle famiglie professionali.
Ovviamente con intelligenza: va bene il canale "Customer Care", va meno bene il canale "Marketing dei servizi a valore per la clientela residenziale". Poi ci sono le abitudini, di cui tenere conto: come non pensare a un canale "Risorse Umane"? Tutti se lo aspettano.
Se fai bene questo lavoro puoi associare canali trasversali e canali di famiglia professionale. Attualmente siamo in questa fase di sviluppo.
Rompere le barriere, allargare i confini
Utility, documentazione, organigrammi, servizi... ma anche libri e cucina. Sulla nostra internet si parla di tutto. Negli articoli, nei sondaggi, nei forum.
Bisogna rompere delle barriere, allargare i confini. Le persone si devono riconoscere nei contenuti di una intranet e i libri, la cucina, la musica, riguardano un po’ tutti. E soprattutto le persone devono anche divertirsi.
L'approccio prevalente sulle intranet ha sempre privilegiato, in maniera un po' "bacchettona", l’aspetto meramente operativo, documentale, applicativo. A questo aggiungerei che generalmente la responsabilità dei contenuti è sempre stata lasciata nelle mani dei vari responsabili dei sistemi informativi: il risultato era semplicemente noioso.
A cosa serve una intranet se nessuno ci va? Se l’impressione generale alla fine è quella di un complicato congegno dove "non si trova niente" o si trovano "le solite cose"?
Noi volevamo fare qualcosa di diverso: siamo partiti dall’idea che l’azienda sia una "community naturale". Non solo. All’interno dei questa community ci sono tante "sottotribù" (venditori, tecnici, motociclisti, buongustai, critici teatrali, giornalisti in erba, musicisti…).
Le persone hanno capito e oggi mandano le loro recensioni, scrivono messaggi nei forum, postano le loro esigenze, dialogano tra loro, ci criticano, si criticano. In tutto questo possono riuscire ad apprezzare anche la notizia sulla nuova offerta di Telecom o sul nuovo progetto organizzativo.
Non ci devono essere confini: partiamo dai dipendenti per arrivare alle persone.
Recentemente abbiamo realizzato una cosa unica, credo, in Italia: un brainstorming collettivo per il personale della Rete (circa 35.000 persone), le quali hanno dialogato tra loro e con i massimi dirigenti della Funzione in un forum dedicato: il risultato è stato entusiasmante, per noi e per loro.
Una lezione per tutti. Sono emersi problemi gravi, a volte drammatici, ma credo proprio che nel fare questo le persone si siano anche divertite un mondo.
Questo lo puoi fare solo sul web.
La newsletter settimanale per arrivare a tutti
Ogni settimana i colleghi vengono informati delle novità attraverso la newsletter, cui ci si iscrive volontariamente.
La cosa si lega a quanto ho detto prima su intranet ed internet: in una intranet così vasta se vuoi raggiungere tutti, o aumentare il tuo grado di "penetrazione", non puoi fare a meno di usare lo strumento dell’email.
È un semplice fatto di marketing: chi ha detto che una intranet sia esente dai principi che valgono su internet? La mail è uno strumento come altri, si tratta anche in questo caso di usarlo in modo intelligente.
A volte, se pubblichiamo una notizia che secondo noi tutto il Customer Care dovrebbe leggere, associamo la pubblicazione ad una mail a tutto il personale del Customer Care.
È uno strumento di comunicazione in più, e non vogliamo farci mancare nulla.
La newsletter è un’evoluzione di questo principio, a cui si aggiunge, direi, il fattore community: Volete partecipare? Volete essere sempre informati? Iscrivetevi alla newsletter.
L’ottica di fondo è sempre quella di aumentare il senso di appartenenza, aumentando la gamma di servizi a cui la persona (la persona, non il dipendente) si associa volontariamente. E allo stesso tempo fare pubblicità ai propri servizi.
Per email possiamo stabilire un contatto alternativo, lanciare campagne solo per abbonati, fidelizzare i nostri clienti. Il mese scorso abbiamo fatto scaricare, solo agli abbonati alla newsletter, il ricettario 2001-2002 con tutti i piatti mandati dai colleghi nel corso di un anno. È stata una cosa molto carina.
È una strategia one-to-one, non invasiva, comoda, simpatica, e anche "cool".
Giacomo Mason, laureato in filosofia, si è occupato di teoria della comunicazione, in particolare legata al mondo aziendale.
E' stato web editor di una delle più vaste e attive intranet italiane. Oggi è consulente e svolge attività di formazione.
Nel 2003 ha pubblicato il libroIntranet (Tecniche Nuove, 15,90 euro). Gestisce il blog Intranet Management. Il suo ultimo libro è Come si presenta con le slide, dedicato alle presentazioni efficaci (Tecniche Nuove).
Sul MdS ha pubblicato anche un articolo dedicato alle presentazioni.