Scrivere: questione di allenamento
La secca e fatidica domanda arriva spesso, sia via email, sia in occasione di seminari o corsi: "ma come si fa ad imparare a scrivere?". Parliamo della scrittura professionale, ovviamente, e di come imparare a scrivere in maniera veloce ed efficace brochure, lettere, siti internet e a volte qualcosa di più complicato come un bilancio aziendale. E soprattutto a scriverle senza provare quella brutta sensazione di panico di fronte alla pagina o allo schermo bianco. Sensazione che conosco bene per averla provata innumerevoli volte.
La risposta è semplice e complicata al tempo stesso: a scrivere si impara leggendo e scrivendo moltissimo. Tutto qui.
Io sono arrivata a scrivere per mestiere per puro caso. Per lungo tempo le immagini mi hanno interessato molto più delle parole e scrivere la tesi di laurea mi è costato una notevole fatica. Se non mi avesse aiutata mia madre, non so come avrei fatto.
Però sono sempre stata una lettrice avidissima, fin da molto piccola, e a otto anni avevo già il mio personaggio preferito, che mi ha accompagnata per molto tempo: Jo, l'eroina di Piccole Donne, che scriveva in soffitta morsicando le mele.
Le parole entravano in me, ma non uscivano. Eppure, leggere significa capitalizzare, anche quando non ce ne rendiamo conto.
Lo avrei scoperto più tardi, quando a scrivere sono stata praticamente costretta dalle necessità della vita.
Una volta laureata, dovevo assolutamente guadagnare e avevo trovato un lavoro in una redazione radiofonica. Tra le mie mansioni c'era quella di scrivere i testi di base per la trasmissione su temi che spesso non conoscevo, da preparare qualche volta in poche ore. Testi cui qualcuno - più tardi io stessa - avrebbe dovuto ispirarsi per la diretta e pronunciare con agio e naturalezza.
La cura del panico ha funzionato e le parole che per anni erano entrate in me attraverso tante letture disordinate, tante brevi poesie, tante lunghe e appassionanti storie, finalmente uscivano attraverso le mie dita che pestavano i tasti della piccola Lettera 32. Ed uscivano fluide, credibili, organizzate, leggere.
E meno tempo avevo davanti, migliori erano i testi.
Scrivere sotto pressione e per qualcun altro mi ha dato insomma le chiavi di un mestiere: ho imparato che per scrivere dei buoni testi non bisogna necessariamente scrivere di sé o su temi interessantissimi, né avere un sacco di tempo a disposizione. Molto spesso, almeno nella fase di formazione, è vero il contrario.
I testi migliori sono quasi sempre quelli scritti sotto scadenza.
Scrivere, insomma, è questione di allenamento. Più scrivi, meglio scrivi.
Il vero panico, ora, è per me quello da non scrittura. In azienda può capitare che ci siano periodi in cui si scrive meno: perché ci si concentra su altri progetti di comunicazione o perché il lavoro di revisione e di editing è prevalente rispetto a quello di copywriting vero e proprio. Allora, quando ti metti a scrivere senti che le parole stentano a venire fuori, che si incartano, che i periodi girano su se stessi, che non ti soddisfano. In questo caso, mai rinunciare, ma costringersi a scrivere, anche delle cose orribili. Non importa la qualità - per questo c'è la revisione -, ma l'allenamento in sé. Meglio se lungo.
Lo sapete come nascono i testi di questo sito? Non piano piano, a pezzettini, pagina per pagina, come la struttura di un web lascerebbe pensare (e potrebbe permettere).
Nascono tutti insieme, nel corso di un lungo pomeriggio di weekend, in cui mi chiudo in casa da sola e non mi muovo dal pc per parecchie ore. Per questo i miei aggiornamenti non sono costanti (devo trovare il pomeriggio giusto, meglio se di pioggia) e per questo ricevete molti articoli tutti insieme, invece che uno alla settimana, come raccomandano i sacri testi della comunicazione online, per "fidelizzare" il navigatore.
Ma il Mestiere di Scrivere è la mia piccola palestra personale di scrittura e non può che seguire i miei ritmi. Di vita, di lavoro, di letture, di interessi, di umori.
Del resto, la definizione di "sito personale" - che a molti non piace perché saprebbe di dilettantesco - è quella che preferisco e le sono affezionatissima.
"Nulla dies sine linea" scriveva Plinio il Vecchio un po' di tempo fa, e aveva perfettamente ragione: non lasciar passare neanche un giorno senza scrivere una riga.
Ma come ci si allena alla scrittura?
Scrivendo il più possibile e con costanza. Anche su ciò che non ci interessa, come spesso accade sul lavoro.
Ma ci si può allenare scrivendo, con rigore e metodo, di noi stessi, delle nostre passioni e della nostra vita.
Si può tenere un diario, aprire un sito o scrivere un blog.
Un ulteriore strumento di allenamento io l'ho trovato nel piccolo palmare che ormai porto sempre con me. E' vero che la Moleskina - il quadernetto nero con l'elastico tanto amato da Bruce Chatwin - è molto più snob, ma il palmare è molto più comodo.
A parte gli aspetti molto pratici, tipo scadenze, rubrica telefonica e lista per il supermercato, il palmare è diventato il mio bloc notes per fermare impressioni e ricordi nelle situazioni più diverse, ma soprattutto il mio inseparabile compagno di viaggio.
Ho così riscoperto da poco un genere un po' dimenticato, il diario di viaggio. Il mio minuscolo Palm 105 accoglie tutto e, una volta a casa, le parole prendono la strada più ampia dello schermo del pc. Lì vengono sistemate, limate, tagliate; nuovi ricordi affiorano; nuove pagine vengono scritte.
E i miei diari di viaggio diventano dei piccoli libretti che conservo, rileggo, faccio leggere ad altri.
Avere sempre a portata di mano qualcosa su cui scrivere aguzza il pensiero e la vista. Un amico scrittore al quale dicevo che io non so inventare neanche mezza storia (so solo raccontare quello che vivo, vedo, sperimento o quello ha vissuto qualcun altro) mi rispondeva che non è vero che io non so "inventare", ma solo che io non so "vedere" le mille storie che mi circondano.
Be', da quando ho il palmare sempre in tasca e la possibilità di annotare e conservare tutto, comincio a vedere anch'io qualche barlume di storia: una persona sconosciuta su cui comincio a fantasticare, una casa di cui intravedo l'interno, un incontro cui assisto in un bar o in mezzo alla strada. Storie che probabilmente non scriverò mai, ma che rimangono dentro di me, e piano piano cominciano a crescere.
Scrivere per comunicare. Scrivere per vendere. Scrivere per raccontare. Scrivere per non dimenticare. Scrivere per lasciar uscire anche le parole che negli anni abbiamo letto, riletto, sottolineato, ascoltato.
Leggere per entrare in altri mondi fatti solo di parole, ma a volte più veri ed intensi di quello che viviamo tutti i giorni. Leggere per imparare. Leggere per capire le leggi e i meccanismi con cui sono costruiti i mondi narrativi dei grandi scrittori. Leggere per imitare.
Scrivere e leggere: per imparare a scrivere non c'è l'uno senza l'altro.