Lavorare con i numeri: testo o tabelle?
Nel paese di Trilussa l'atteggiamento che abbiamo verso i dati è spesso scettico: cosa avete pensato compilando il questionario del Censimento?
Eppure i dati sono importanti e non possiamo farne a meno. Dobbiamo usarli e basare su di loro quanto diciamo e scriviamo. Cerchiamo un giusto mezzo tra due estremi: da un lato i testi ingolfati di tabelle chilometriche e dall'altro i testi di solo testo con qualche raro numero perso tra le parole.
In concreto, è meglio mettere i dati nel testo o trattarli in forma di tabella?
Osserviamo la tabella seguente:
Percentuale di popolazione con diploma di scuola secondaria o titolo superiore in due classi di età: paesi OECD, 1998
|
25-34 anni |
55-64 anni |
Italia |
55 |
19 |
Regno Unito |
63 |
53 |
Francia |
75 |
41 |
Germania |
88 |
76 |
Giappone |
93 |
57 |
Stati Uniti |
88 |
80 |
Fonte: OECD, Education at a Glance 2000, tab. A2.2a.
Anche se a prima vista sembra impossibile, i dati della tabella supportano tutte queste affermazioni:
- straordinaria diffusione dell'istruzione secondaria e terziaria in Italia negli ultimi 30 anni
- tutti diplomati o laureati in Germania, Giappone e Stati Uniti
- differenze tra genitori e figli: in Italia maggiori che altrove
- i progressi nella diffusione dell'istruzione sono stati maggiori in Italia che negli USA
- Italia: dove diploma e laurea erano solo per pochi
- Italia: un paese a bassa scolarizzazione.
Va da sé che in molte comunicazioni (scritte o verbali) non abbiamo il tempo e la possibilità di osservare lo stesso dato sotto più angolazioni. Ne dobbiamo scegliere una. Spesso scegliamo quella che ci fa più comodo.
È però vero che se abbiamo fornito i dati in forma di tabella, il nostro lettore (o ascoltatore) potrà trovare significati diversi. A una delle letture che abbiamo proposto qui sopra potrà opporne un'altra.
Il presentare il dato in forma di tabella presenta dunque vari svantaggi:
- ci espone al rischio di smentite
- permette a chiunque di "fare propri" dei dati che con il nostro lavoro abbiamo reso più chiari (la tabella di origine aveva 200 dati: era di 41 righe per 5 colonne)
- occupa spazio: almeno una dozzina di righe
- richiede lavoro
- più dati presentiamo, più errori possiamo commettere.
- è un elemento visuale che interrompe la monotonia del testo
- è informazione riutilizzabile
- permette il dibattito ad armi pari (o quasi)
- introduce ulteriori stimoli e spunti.
È però altrettanto vero che non sempre una tabella è necessaria.
Immaginiamo di voler articolare il discorso presentato nella tabella. Ad esempio vedendo le differenze di genere. E, per semplicità, immaginiamo di voler vedere questo aspetto limitatamente all'Italia. In concreto vogliamo sapere se e come sia cambiata la posizione di uomini e donne in Italia per quanto riguarda il possesso di diploma (o laurea) nel giro di 30 anni.
Per fare ciò ci basta mostrare 4 dati:
Percentuale di popolazione con diploma di scuola secondaria o titolo superiore in due classi di età, per genere: Italia, 1998
|
25-34 anni |
55-64 anni |
uomini |
52 |
23 |
donne |
57 |
16 |
Fonte: OECD tab. A2.2c
In questo caso la tabella contiene solo 4 dati e può quindi essere accantonata. Potremmo ad esempio scrivere:
- mentre 30 anni fa il possesso di lauree e diplomi era maggiore tra gli uomini che tra le donne, oggi la situazione è invertita
- negli ultimi 30 anni lauree e diplomi si sono diffusi di più tra le donne che tra gli uomini
- 30 anni fa una donna su 6 era diplomata (o laureata) contro un uomo su 4, oggi il divario è a favore delle donne: 6 su 10 hanno un diploma o una laurea contro 5 su 10 tra gli uomini.
Notate anche come i dati riportati direttamente nel testo siano spesso "non copiabili" visto che non viene riportato un valore numerico esatto ma solo un ordine di grandezza o una differenza.
Cos'è meglio? In termini astratti ritengo sia sempre preferibile la tabella al dato riportato nel testo. Ma in concreto c'è tabella e tabella.
Molto spesso, troppo spesso, le tabelle non hanno nessuna reale utilità, vengono presentate solo perché "fa fine". Malgrado siano di dimensioni tali da renderle illeggibili e non ci sia relazione tra titolo, intestazioni e testo. Un consiglio finale? Partite sempre dalle tabelle per arrivare al testo e non viceversa!
Di Corrado de Francesco, su questo sito leggi anche:
Le fonti: chiare e buone 1
Le fonti: chiare e buone 2
Corrado de Francesco, nato a Milano nel 1952, ha una lunga esperienza come autore, docente universitario e consulente. Scrive testi e ipertesti su carta, cd-rom e web.
Nel mese di marzo 2001 ha pubblicato Computer e Internet per lavorare con i testi, presso la FrancoAngeli. Presso la stessa casa editrice ha pubblicato, nel mese di novembre 2001, Lavorare con i numeri dell'istruzione, una guida alla elaborazione, pubblicazione e leggibilità dei dati (definizioni, indicazioni su come leggere i dati, progettare una tabella, realizzarla e modificarla con Word ed Excel; un capitolo infine è dedicato alle fonti e un glossario fornisce le definizioni essenziali per orientarsi fra i numeri).
Il suo blog: http://cordef.wordpress.com, dedicato agli studenti universitari.