Chi è il technical writer?

un'intervista a Vilma Zamboli

Vilma Zamboli è una technical writer: una professione della scrittura che pochi conoscono, ma che è essenziale per trasmettere le informazioni su macchine, elettrodomestici, programmi software e sul loro funzionamento. E' a capo di un gruppo di professionisti riunito sotto il nome Writec e presidente di STC (Society for technical Communication) - Transalpine Chapter.
Le abbiamo chiesto di parlarci della sua professione.


Vilma, tu sei una technical writer. "Writer" è chiaro, ma "technical" per cosa sta?

Vedo due componenti in questo aggettivo. Uno è la passione per la tecnologia, l'altro è la capacità di analisi logica, ovvero di analizzare i prodotti più diversi, dai macchinari ai programmi, nonché la loro struttura e il loro funzionamento.
Il technical writer non può mettersi a scrivere se prima non ha elaborato internamente in una struttura - logica per lui e per il lettore/utilizzatore - tutte le informazioni "grezze" raccolte da fonti diverse: interviste, demo, documenti, dati sparsi, siti web, testi scritti da più persone e la sua stessa esperienza. In sostanza deve aver costruito il "modello mentale" dell'oggetto in questione (un software, una macchina, un concetto).
È difficile descrivere questo processo: ci è riuscita con successo Graziella Tonfoni nel libro Information Design, che illustra dettagliatamente la sua metodologia, fondata sull'effettivo modo di procedere del pensiero umano, con la quale ha di fatto "filmato" la mente del progettista dell'informazione al lavoro.

Cosa scrive concretamente un technical writer?

Aprirei una parentesi sul nome "techical writer". Attualmente non abbiamo più a che fare con il redattore tecnico nascosto in un angolo dell'ufficio, sommerso da un mare di scritti e revisioni, unico detentore della rintracciabilità di informazioni in migliaia di pagine… una figura forse più vicina all'archivista.
Ora abbiamo, con l'opportuna formazione ed esperienza, i technical communicator, gli information architect o information designer.
Coloro che, di fronte ad una esigenza "informativa" e "formativa", sono in grado di suggerire strutture, formati, linguaggi, forme e pubblicazioni. Sono cambiate le tecnologie, sono cambiate le modalità di accesso alle informazioni, sono cambiati i volumi di informazioni che ogni individuo deve quotidianamente assimilare.
Questo ha reso la nostra professione sicuramente più "sofisticata". Dobbiamo essere consapevoli degli approcci cognitivi del nostro cervello, dobbiamo prestare attenzione all'usabilità della documentazione, dobbiamo saper usare strumenti di pubblicazione. E potrei continuare ancora…

Torniamo invece a cosa produce un technical communicator, limitandomi ai prodotti editoriali più conosciuti.
Tipicamente un prodotto editoriale si distingue da un altro in base al tipo di utenza che deve raggiungere, quindi al tipo di informazione che deve contenere e alla modalità con cui verrà distribuito.
Nella comunicazione tecnica sono presenti ora due aree: la technical communication e la marketing communication.
Nella technical communication il redattore tecnico è il "ponte" tra progettisti e utilizzatori. Rende comprensibile ciò che non lo è. Scrive per spiegare. Evidenzia associazioni e connessioni logiche nelle comuni operazioni di uso, esegue il test di usabilità del prodotto. Anche in questo caso ne deduciamo che un buon redattore non si limita a scrivere manuali. Mette in atto processi complessi che possono sfociare in diverse attività, anche nella redazione del manuale.
Se ci limitiamo ad analizzare i prodotti editoriali della comunicazione tecnica potremo avere: il libretto di istruzioni per un elettrodomestico, la guida alla manutenzione di una macchina, il manuale utente di un programma software, il manuale API per gli sviluppatori, la quick reference guide per avviare e usare immediatamente la stampante, l'help online contestuale all'applicazione, la newsletter che informa sulle novità del prodotto, i contenuti del sito per la presentazione delle novità della release software… e sto citando i prodotti più gettonati, ma ciò non esclude che ne esistano altri altrettanto interessanti.
Nella marketing communication il redattore tecnico può ripercorrere i medesimi passi che lo portano a sviluppare documentazione tecnica, ma cambiano lo stile e il modo di presentare le informazioni. C'è più grafica, si ripescano gli aggettivi che nella documentazione tecnica sono stati aboliti, ci si diverte anche un po' di più. Si scrive per convincere. A comprare, a usare.
In passato i messaggi orientati alla vendita di un prodotto contenevano molto fluff - "aria fritta", "fuffa" in italiano - e pochi contenuti tecnici. Oppure, se c'erano, erano inutili al lettore. Per esempio, quando si vendeva un sistema software si fornivano ancora gli ingombri e le alimentazioni del computer! Del resto i contenuti estremamente tecnici venivano sempre forniti dagli sviluppatori che quasi mai erano esperti di comunicazione.

Nella marketing communication il redattore tecnico di nuovo può avvalersi delle sue competenze per analizzare il target dell'utenza, le modalità di distribuzione, la mission aziendale, il tipo di messaggio che si desidera comunicare. Il redattore tecnico costruisce così un prodotto editoriale concreto, coerente e mirato ad attrarre l'attenzione del lettore. Naturalmente dovrà collaborare più strettamente con i grafici oppure con l'agenzia che si occupa della comunicazione aziendale in senso più ampio.
I prodotti editoriali in questo caso possono essere brochure, presentazioni, cataloghi, articoli, materiale fieristico, schede prodotto, case study, pagine pubblicitarie, fino ad arrivare al naming e alla creazione degli slogan del prodotto.

Quali competenze sono necessarie per essere un buon technical writer?

Creatività, capacità di analisi, doti di comunicazione, competenze in ambito grafico, formazione linguistica, passione per la tecnologia e capacità di intervistare gli esperti del settore.
Sì, perché il materiale grezzo da cui parte un technical communicator sono proprio le interviste e il prodotto stesso. E se nell'interazione con un programma software dovremmo in teoria sempre avere le stesse risposte di fronte alle stesse domande… con un essere umano non è così. Quindi la stessa domanda posta a persone diverse può ottenere risposte diverse ed espresse con linguaggi diversi. In questi casi possono aiutare alcune nozioni di base di PNL (Programmazione Neurolinguistica).
Durante l'intervista occorre "cavar fuori" dall'esperto anche informazioni di cui non è pienamente consapevole o aspetti su cui non ha riflettuto.

L'intervista è il primo step del processo?

Dipende. Se non esiste altro materiale informativo. Oppure si inizia a leggere il materiale fornito, magari non aggiornato o che ha scopi completamente diversi, e poi si passa all'intervista.
Provo a tracciare un processo tipo.
Si intervista il responsabile di prodotto e per certe funzioni anche gli sviluppatori. Il primo ostacolo è il linguaggio: gli intervistati tendono spesso a descrivere il "che cos'è" e il "come è fatto" invece del "cosa serve", e del "quando si usa" e del "cosa fare se"... Esattamente ciò che invece interessa a chi lo comprerà.
Qui occorre ascoltare, fare domande e guidare l'intervista.
Durante l'intervista o il primo uso del prodotto si avvia la fase di "visualizzazione" o "modellazione" dei concetti, del prodotto, anche della singola funzione, il tutto accompagnato da verifiche con l'interlocutore o con il prodotto stesso.
Poi si passa alla fase di progettazione del prodotto editoriale, basata sull'analisi dei requisiti richiesti dal cliente e su tecniche ormai consolidate nel mondo della comunicazione tecnica.
A questo punto si comincia a lavorare con un grafico… e si inizia la fase di redazione. È un tipo di redazione che mette in moto processi mentali più vicini a quelli di un traduttore che a quelli di un giornalista.

La redazione vera e propria: cosa ha di particolare la redazione tecnica rispetto a quella di business o di marketing? Quali attenzioni particolari al linguaggio bisogna avere?

Sinteticamente si può affermare che la redazione tecnica "spiega", la redazione di marketing "persuade" e quella di business "posiziona". In ogni caso il linguaggio usato deve sempre essere adatto al lettore.
Se devo dare istruzioni userò un linguaggio semplice, asciutto e chiaro, mai ambiguo. Chi legge deve eseguire, non pensare. E ha poco tempo. Userò pochi aggettivi, per esempio. Dovrò avere uno stile coerente e rispettare alcune regole fondamentali: se una certa operazione l'ho spiegata seguendo un criterio, uno sviluppo logico, devo mantenere lo stesso criterio e lo stesso sviluppo logico per tutte le altre operazioni.
Nella redazione persuasiva il discorso è diverso: c'è una maggiore ricchezza di linguaggio, posso ricorrere a metafore per catturare l'interesse del lettore, uso uno stile sicuro, positivo senza però cadere nell'eccesso. Chi legge deve essere incuriosito, deve capire se il prodotto può soddisfare alcuni suoi bisogni, e come può farlo.
Nella redazione di business lo stile può essere un po' più discorsivo, si spiegano scenari, si presentano le soluzioni adottate, si mostrano i risultati. Lo chiamerei uno stile "tranquillo".

Queste tre semplificazioni sono comunque solo indicative perché occorre ricordare che lo stile varia da tipo di documento a tipo di documento: lo stile di una guida rapida è diverso dallo stile di un help online, sebbene stiamo parlando sempre di redazione tecnica.
Poi un ultimo accenno alla "grafica". Non viviamo di solo testo. Quindi, tutto quanto descritto finora andrebbe riferito anche all'uso della grafica (e qui metterei tutto, dai font, alle tabelle, agli schemi, alle immagini, ai grafici) che sarà diverso per ogni tipo di documento.

Quanto conta la revisione nel technical writing?

Moltissimo, e non solo per correggere i refusi e la forma, ma soprattutto per rivedere frasi e istruzioni poco chiare. È il compito dell'editor. L'editor esegue un vero proprio "test del testo".
Con l'aiuto dell'editor, l'autore si accorge di inclinazioni linguistiche personali che devono essere raffinate, o il gruppo di autori ottiene l'uniformità di stile e la completezza dell'informazione.
Al "test del testo" è possibile poi aggiungere altri test che sono legati alla qualità del prodotto editoriale (stampa, coerenza con il prodotto descritto) e al suo funzionamento (chiarezza delle istruzioni, funzionamento completo dei link).

Quali le prospettive di lavoro per un technical writer in Italia, e soprattutto, freelance o dentro un'azienda?

C'è tanto da fare qui in Italia. Da un lato vediamo pagine web incredibili, libretti di istruzione astrusi e mal tradotti, manuali illeggibili, dall'altro osserviamo la lotta al "burocratese" avviata dalla pubblica amministrazione, la maggior leggibilità dei foglietti informativi dei medicinali, la chiarezza dei documenti postali.
Qualcosa quindi si sta muovendo.
Ma se ci chiediamo quante aziende sono disposte a pagare e quindi a riconoscere il valore aggiunto di un technical communicator, allora la risposta è più complessa e può essere: "dipende".
A mio parere in Italia il technical communicator deve promuovere attivamente il proprio lavoro, a differenza dei paesi anglosassoni dove la professione è già codificata e riconosciuta dagli anni '50. Quindi non basta avere un bel portfolio e mostrare i propri lavori, ma occorre esporre casi significativi, mostrare cifre, offrire testimonianze. Preparare quindi dei case study, anche questo è un prodotto editoriale tipico di un technical communicator. In pratica abbiamo la possibilità di applicare su noi stessi, sul nostro "business" tutta la nostra competenza.

Come ci si informa e ci si forma alla professione di technical writer?

Dipende… dalle proprie disponibilità.
Io suggerirei di guardare oltre Manica e oltre oceano e iniziare dalle associazioni di categoria. Io ho iniziato così.
Il buon Fabrizio Comolli mi ha indirizzata diversi anni fa all'associazione STC - Society for Technical Communication. Associazione no-profit che riunisce oltre 20.000 soci sparsi in tutto il mondo: professionisti, docenti, accademici, appassionati della comunicazione tecnica.
STC pubblica riviste specializzate, offre webinars (seminari online) e altre risorse. Mi sono associata e sono entrata automaticamente a far parte del Chapter Italo-Sloveno-Svizzero-Austro-Tedesco: il Transalpine Chapter.
Ho partecipato alle loro conferenze, ai loro workshop, ho conosciuto professionisti ed esperti, ho chiesto consigli, mi sono confrontata, ho iniziato a partecipare all'organizzazione delle conferenze e ora sono stata nominata Presidente. Sono ancora oggi incredula.
L'associazione è ben strutturata al suo interno e conta su gruppi di interesse speciale (Special Interest Groups, SIG). Pensate alla redazione di un indice analitico. Bene, c'è un SIG solo per gli indexer, cioè per quei technical communicator che si sono specializzati nella redazione di indici analitici. Essere iscritti a un SIG significa essere membri attivi di una comunità, partecipare a forum di discussione, ricevere una newsletter con alcune best practice.
Gli ultimi due libri che ho letto sono appunto Information Design di Enrica Cavina e Rossella La Piccirella, edito da UTET e relativo ai lavori di Graziella Tonfoni, e La struttura della magia di Richard Bandler e John Grinder, una introduzione al mondo della Programmazione Neurolinguistica.

Il LIG (Local Interest Group) italiano di STC organizza incontri informali tra professionisti di varie realtà del nord Italia, offre contatti e scambi di lavoro e risorse umane tra aziende del settore nonché altre occasioni formative gratuite.
Anche Writec, il mio gruppo - come altre realtà in Italia e nei paesi limitrofi - offre formazione mirata e d'avanguardia per i professionisti del settore o per chi vuole avvicinarsi a questa professione interdisciplinare.
In Italia ci sono state e ci sono alcune iniziative di pregio. Potrei citare quelle che conosco:

  • un corso semestrale di "Introduzione al Technical Writing" all'ISIT di Trento nel 2001
  • un paio di prime tesi di laurea sulla comunicazione tecnica (in inglese e francese) della Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di Trieste e Trento
  • alcune conferenze di introduzione e orientamento alla professione di tecnical communicator quale possibile sbocco professionale per laureati in lingue e interpreti/traduttori presso l'Università di Trento e Trieste
  • il corso "Fondamenti di comunicazione tecnico-scientifica" per gli allievi della Facoltà di Ingegneria delle Telecomunicazioni del Politecnico di Milano
  • un Laboratorio di ricerca terminologica e traduzione all'Università di Bologna. Presso questa Università è stata avviata l'archiviazione dei documenti scientifici di Graziella Tonfoni che riguardano in particolare i suoi studi di technical writing presso la facoltà di Lettere e Filosofia.

Ci si può anche rivolgere ad alcune università americane che offrono corsi online.

E poi i libri. Potrei citare il primo che ho letto:
Developing Quality Technical Information di Gretchen Hargis
Poi suggerire un libro utile a chi deve avviare un piccolo team o un one-man team di documentatori:
Starting a Documentation Group di Peter J. Hartman.

Gli studenti di Scienze della Comunicazione vogliono diventare tutti copywriter in un'agenzia di pubblicità, giornalisti, web writer, perché sono considerate professioni creative e piene di fascino. Qual è il fascino della tua, di professione?

Innanzitutto è molto labile il confine tra chi scrive per il web e chi scrive manuali o brochure commerciali. Cambiano sì alcune variabili, ma l'attitudine è la stessa.
Il fascino è sempre nel comunicare, nel poter creare qualcosa per qualcuno che grazie a te riuscirà a fare qualcosa di complesso e di concreto, senza difficoltà.
Parlando nello specifico della documentazione di un prodotto, è svolgere un ruolo di mediazione tra la macchina e l'uomo. "Tiri letteralmente fuori" da un prodotto i suoi aspetti più veri, il suo funzionamento e quindi la sua essenza, la sua ragione di essere.


Vilma Zamboli, milanese di nascita, ha iniziato negli anni ’80 come progettista software in Italia e all’estero lavorando nel controllo di processo e la supervisione di impianti.
Nel 1995 ha iniziato a occuparsi di produzione di documentazione software, localizzazione e usabilità delle interfacce software. Nel 1999 ha dato vita a Writec, un gruppo di professionisti che creano sistemi di help, manuali, documentazione software e ambiscono a formare futuri comunicatori tecnici.
Abita sul Lago di Garda e lavora un po’ ovunque (il portatile è il suo ufficio).